Nel Comune di Arezzo esiste un luogo dove il tempo si è fermato. Non per rispetto o silenziosa contemplazione, ma per incuria, erbacce e… rovi più alti delle lapidi. Si chiama San Leo, si chiama Olmo, ma potrebbe benissimo chiamarsi “Abbandono”, “Vergogna”, o – per i più ironici – “Attrazione turistica per gli amanti del post-apocalittico”.
Facebook si trasforma in tribunale, Carla piange, Angelo urla “VERGOGNA”, e la comunità virtuale si indigna a colpi di emoji tristi e commenti più affilati di una zappa (strumento sconosciuto alla manutenzione locale). Ma attenzione: se questo è lo stato dei cimiteri segnalati, quanti altri angoli di eterno riposo saranno ridotti a giungle metropolitane non ancora emerse dalle ombre del web?
Cimiteri o set di “The Walking Dead”?
Scorrendo le foto pubblicate dagli utenti, il dubbio è lecito. Fra rovi, vialetti scomparsi e tombe inghiottite dal verde (verde in senso vegetativo, non ecologico), sembra che più che un luogo sacro ci si trovi in un bosco dimenticato da Dio e dal Comune.
Ci mancano solo i serpenti”, scrive Angelo esasperato. Tranquilli, arriveranno. A breve, per visitare un parente, servirà il machete e l’antivipera. Magari in dotazione gratuita assieme al bollettino TARI.
La danza delle responsabilità: scarica il barile e vinci un premio!
Alla domanda: “Chi deve occuparsi della manutenzione?”, parte il valzer della burocrazia. La consigliera comunale Cornacchini risponde: Per i cimiteri è la Multiservizi. Inoltro richiesta.”
Ah, quindi la Multiservizi è come un genio della lampada: funziona solo se la strofini (molto) e magari scrivi tre post, due mail e un articolo sul giornale locale. Interessante modello operativo. Vien da chiedersi: la manutenzione ordinaria è diventata straordinaria? O peggio: è diventata facoltativa?
Il Comune incassa, i cittadini zappano
“I soldi per le tombe li prendono!”, tuona un commentatore.
Già. Stranamente, quando si tratta di pagare concessioni, l’ufficio comunale è sveglio come un gallo alle cinque. Ma per sistemare i vialetti… lì serve una mozione, tre petizioni, una processione e forse una benedizione papale.
E guai a suggerire, come fa Maria, di rimuovere le tombe abbandonate. Subito partono i “non si può”, “non si fa”, “non è legale”. Ma allora cosa si può fare? Forse una bella diretta Instagram col sindaco armato di decespugliatore? Almeno fa audience.
La morte è democratica, l’incuria pure
Il problema non è solo San Leo o Olmo. Lo dice anche Carla:
“I cimiteri sono tutti in queste condizioni.”
Quindi siamo davanti a un modello gestionale omogeneo: degrado distribuito equamente, senza preferenze. Complimenti per la coerenza.
In un’Italia dove tutto è duale – centro vs periferia, città vs campagna – i cimiteri riescono in un’impresa unica: essere ovunque ugualmente mal ridotti.
Conclusione (amara): più attenzione da morti o da vivi?
Arezzo, città d’arte, di storia, e ora anche di cimiteri-boscaglia. Ma forse questo è il vero piano urbanistico: trasformare i cimiteri in riserve naturali. Parchi della memoria… invasa dall’erba.
Finché la manutenzione sarà a chiamata e i cittadini dovranno protestare a suon di like, la vera “eternità” non sarà quella del riposo, ma quella dell’attesa.
P.S. Si accettano offerte per l’acquisto di tagliaerba, pale e buona volontà. In alternativa, suggeriamo di inserire “parrocchia + machete” come nuova voce del bilancio partecipativo.
Foto da facebook: credtis Angelo e Carla