Il campanilismo era già forte ai tempi del Rinascimento, e la critica successiva di Vasari non rese giustizia alle opere del Pinturicchio.
Ma chi era costui? Bernardino di Betto (o Benedetto) Berti, detto “Pinturicchio”—da “pintor” (pittore) e “picino” (piccolo). Non era certo un personaggio marginale né, come talvolta si è ipotizzato, omosessuale: anzi, ebbe figli da due donne diverse, una delle quali sposò nel 1495.
Collaborò con il Perugino in un accordo societario, ma il suo vero maestro rimane sconosciuto—né Beato Angelico né Filippo Lippi possono essere considerati tali.
Il suo stile si distingue per l’uso raffinato del colore e per una concezione dello spazio innovativa: paesaggi con prospettive aperte e figure che sembrano scorrere come in un’inquadratura cinematografica. Oltre agli affreschi e alle pitture, eccelleva nelle miniature. Le sue opere migliori si trovano nell’Oratorio di San Bernardino a Perugia, nella Cappella Sistina a Roma (dove lavorò con il Perugino) e a Siena, nelle committenze della famiglia Piccolomini.
E ora, come si può pensare che un aretino doc come Vasari, che viveva in via Mazzini, potesse esprimere giudizi positivi su un perugino che si firmava “pittore picino” e che, per di più, lavorò anche per i senesi?
Forza Arezzo!