Per non parlare del Perugia, che con Vannini di San Giovanni Valdarno e Castagner sposato ad Arezzo, ha perso uno scudetto all’ultima giornata, facciamoci del male pensando alla serie A toccata alla Pistoiese, alla Ternana, al Cesena, all’Ascoli, all’Empoli, al Pisa, al Livorno, al Catanzaro, all’Avellino, dopo che per vent’anni sono uscite via via malconce dal Comunale.
Ma per quanto del male possiamo farci, è niente in confronto a quello che tocca vedere in questi giorni: una finale per la serie A tra Carpi e Benevento.
Per il Cavallino peggio che coltellate sulla schiena.
Anche solo per conoscenza di gente che viene da Roma e che il Cavallino lo vendono senza farlo neanche sapere, Carpi è la città dove cinquemila aretini andarono nel 1966 a festeggiare la prima promozione dell’Arezzo di Meroi in serie B, sul campo di una squadra che finì a 27 punti.
Benevento è invece la città della squadra che fece miracoli nel 1982 per finire a dieci punti dall’Arezzo di Gritti, promossa per la terza volta in serie B.
Se almeno la finale col Benevento l’avesse vinta il Carpi!
Che in serie A c’è già stata.
Il Cavallino se ne sarebbe fatta una ragione.
No, ora gli tocca vedere in serie A anche il Benevento.
Il bello è che ci va con un gol di Puscas: neanche fosse Ferenc, il mito ungherese della Honved e del Real con il quale vinse tre Coppe dei campioni.
Ora ci manca solo che il Puscas degli anni 2000 vinca lo scudetto. Col Benevento.