Arezzo, città d’arte, cultura e – a quanto pare – pattumiera a cielo aperto. L’ultima opera dell’ingegno umano? Una discarica improvvisata a pochi passi dalla Torre di Gnicche e dall’acquedotto Vasariano, luoghi che qualcuno, un tempo, avrebbe definito “patrimonio paesaggistico”. Ma perché accontentarsi di ammirare secoli di storia, quando si può godere dello spettacolo unico di uno scarico di suppellettili abbandonati in tutta la loro gloria?
L’idea, immortalata dalla ciclista Bruna Benci (che ringraziamo per il reportage stile National Geographic del degrado), sembra quasi una provocazione artistica. Si può intuire un certo “concept” dietro il posizionamento casuale degli oggetti: un omaggio al caos, un’invettiva contro l’ordine e il decoro urbano. Dopo tutto, perché limitare il degrado ai cassonetti quando possiamo esportarlo in mezzo alla natura?
Un tocco di ironia agricola: mesi fa, proprio lì, un orto era stato avviato e poi abbandonato. Come dire, dal biologico al biodegradabile il passo è breve. Ma perché fermarsi a coltivare pomodori, quando si può seminare pattumiere? A pochi passi dagli archi del Seicento, un vero inno al nostro modo unico di valorizzare la storia: circondandola di roba inutile.
Pensate al potenziale: ciclisti, trekker e dog-sitter in pellegrinaggio verso un’esperienza multisensoriale tra natura e rifiuti. Quale altro luogo può vantare una vista mozzafiato e una puzza altrettanto memorabile? È il pacchetto completo: Instagram-ready e 100% sostenibile (nel senso che ci vorranno anni per smaltire tutto).
Ora, ci si chiede: dov’è il confine tra il malcostume e la performance artistica? Forse questo scempio non è altro che un test per verificare la soglia di sopportazione di cittadini e autorità. E noi, che siamo orgogliosamente sensibili a tali gioielli del panorama umano, non possiamo che chiederci fino a che punto arriveremo.
Bruna, armata di cellulare e indignazione, ha fatto la sua parte. Ora tocca agli altri. O forse no, forse il prossimo passo sarà l’istituzione di un museo a cielo aperto della nostra inciviltà. Biglietti disponibili su prenotazione.
L’episodio segnalato da Bruna Benci rappresenta un triste esempio di come l’inciviltà possa deturpare i luoghi di pregio storico e paesaggistico di Arezzo. Tuttavia, il bilancio delle attività del 2024 dimostra che il Comune non resta a guardare: grazie alla collaborazione tra le forze dell’ordine e strumenti tecnologici come le fototrappole, gli interventi di rimozione sono sempre più tempestivi e incisivi. L’ironia amara dell’articolo ci ricorda quanto sia fondamentale sensibilizzare la cittadinanza per prevenire comportamenti che, oltre a compromettere il decoro, rappresentano reati gravi.