Chi pensava che i media avrebbero abbandonato Arezzo dopo le scintille della città del Natale, dove si magnificava la presenza di un milione di persone, secondo gli organizzatori, di centomila, secondo la questura, di diecimila, secondo l’opposizione e di mille, secondo Giuseppe Garibaldi, chi pensava ciò si sbagliava di grosso.
Perché il nome di Arezzo continua ad imperversare nei media e nei telegiornali anche se per altre, non nobili ragioni.
Arezzo tra le città con il maggior numero di incidenti in Toscana; Arezzo con fatti di cronaca nera, come la vicenda di San Polo dove una persona è stata uccisa dopo aver cercato di distruggere la casa del vicino con una ruspa.
Ma ad eccitare i media è stata soprattutto la vicenda degli scontri all’autogrill di Badia al Pino tra tifosi del Napoli e quelli della Roma.
Lo stesso autogrill dove nel 2017 fu ucciso il tifoso laziale Gabriele Sandri.
Oramai chi litiga minaccia di aspettarti, non più sotto casa, ma all’autogrill di Badia al Pino.
Certo, in questo modo si dimenticano i problemini interni come le buche sulle strade o la mancanza di una seria programmazione per valorizzare la città d’arte e non solo quella del magna-magna.
Perché, in fondo sarebbe bello ricordare le radici di Arezzo, capace di risollevarsi e splendere.
Infatti:
“ Rezzo viéne da ARIZZO, che vol dire ch’a’ tempi antichi vinne butta giùe,
pù per qualche mutìvo andò a finire
che da ghjacére arvinne missa sùe.
Unn’è vero, murmìo, ‘lli dè ‘rretta,
perché a sapello… ancora ‘nce vol fretta!”