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domenica, Marzo 31, 2024
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Dalla Coingas alla musica operistica, i conti del comune di Arezzo proprio non tornano

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Le spese per la cultura con la Giunta Ghinelli sono aumentate, ma non di poco. Ricordate i 400000 euro complessivi concessi dalla prima giunta Fanfani all’assessore Camillo Brezzi?
E i quasi zero della seconda Giunta Fanfani assegnati a Giuseppe Macrì?
Ricordi lontanissimi.

Ora, visti i tempi grassi, l’amministrazione comunale spende, attraverso la fondazione che si occupa delle attività culturali, la bellezza di unmilioneottocentocinquantamila euro annui.
Incassa la metà da varie entrate e l’altra metà la versa l’amministrazione direttamente, per novecentomila euro.

Novecentomila euro!
Uno sproposito, ma se anche non volessimo considerarlo tale, basterebbe estrapolare i contributi che sono arrivati dalle partecipate del comune stesso (altri settecentomila euro!) e vedere i costi di due soli eventi: il Raro Festival, dedicato alla musica operistica e del quale molti aretini non si sono nemmeno accorti (tanto che a teatro il pubblico scarseggia…), costa seicentosessantacinquemila euro!
Tre volte e mezzo il Play Art (170000) di un tempo e altrettante volte Arezzo Wave
(per il comune)!

E la mostra delle opere di Paladino?
E’ costata duecentotrentamila euro, cifra certamente meno clamorosa, ma sempre sessantamila euro in più dei contributi per Arezzo Wave o Play Art ricordati sopra.

Il povero (si fa per dire) Giuseppe Macrì, che un tempo si dovette adoperare da solo e personalmente per finanziare ICASTICA, piange lacrime sincere.

Quanto avrà destinato la fondazione al festival che (piaccia o non piaccia) ad Arezzo ha fatto più notizia e attratto spettatori a migliaia in ogni serata?
Bene, il Mengo è stato sostenuto con l’astronomica cifra di ventimila euro.

Una volta si diceva “non c’è più religione”, ma a conti fatti oggi si è sfatato un mito, quello che la destra consideri secondaria l’attività culturale… e non finisce qui, presto arriveranno altre sorprese in ambiti molto diversi.

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Pietro Aretino
Pietro Aretino
« Qui giace l'Aretin, poeta Tosco, che d'ognun disse mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: "Non lo conosco"! » (Ironica epigrafe indirizzata all'Aretino da Paolo Giovio[1]) È conosciuto principalmente per alcuni suoi scritti dal contenuto considerato quanto mai licenzioso (almeno per l'epoca), fra cui i conosciutissimi Sonetti lussuriosi. Scrisse anche i Dubbi amorosi e opere di contenuto religioso, tese a farlo apprezzare nell'ambiente cardinalizio che a lungo frequentò.

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