Chi è aretino al 99% non ci ha mai messo piede, tranne sbandati, drogati, mezzi delinquenti e forse il Lucertola.
Si parla dei phone center, che in città abbondano un pò dovunque.
I più in vista sono quelli di piazza Guido Monaco, dove non è raro vedere bivaccare all’esterno personaggi dai quali è meglio stare alla larga.
Ultimamente le “risorse” si vedono sempre più spesso frequentare questi posti, senza contare pure i mini market pakistani e indiani, dai quali, onestamente, non ci comprerei manco una banana, viste le condizioni igieniche e di stoccaggio delle merci di molti di essi.
Spesso il servizio di telefonia è contornato da altri quali Internet point, trasferimento di denaro, spedizioni internazionali, raccolta scommesse e vendita tessere prepagate.
Vengono spesso dotati di phone center anche alcuni locali la cui attività principale sia tutt’altra, quali alimentari etniche, parrucchieri, centri scommesse.
In realtà quasi nessuno ha idea di cosa veramente si fa dentro quei tuguri, visto che entraci è da coraggiosi sprezzanti del pericolo.
In ogni caso il dubbio è che chi vi bazzica e chi li gestisce non sia propriamente uno stinco di santo, quindi l’auspicio della limitazione delle nuove aperture di essi ed un controllo più capillare sarebbe buona cosa.
Speriamo solo che tra negozi cinesi, phone center, kebabberie e similari Arezzo non diventi una succursale di Bangkok.
Anche per l’affitto, credetemi, ci vuole proprio uno stomaco di ferro per prendere i soldi
– banconote tutte sudicie e spiegazzate, quando non, addirittura, tascate di spiccioli –
contarli e cacciarseli nel portafoglio.