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sabato, Luglio 12, 2025
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L’uomo e la guerra: un amore antico

La guerra è parte della nostra storia, ma non del nostro destino

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In questi giorni sembra che il mondo stia precipitando. Si parla con sempre più insistenza della terza guerra mondiale, come se stesse bussando alla nostra porta, tra missili, potenze in conflitto e notizie che rimbalzano da un continente all’altro. Siamo pieni di ansia, di paura, di indignazione. Ma c’è una domanda che mi gira nella testa da giorni: è davvero una novità, questa follia? Oppure siamo solo dentro un copione che si ripete da sempre?

Se ci fermiamo un attimo a guardare indietro, la risposta è sconfortante. Sembra che l’uomo, da quando ha imparato a camminare eretto, non abbia mai smesso di combattere. Prima con una clava, poi con la spada, poi con i fucili e infine con armi sempre più sofisticate. Ma la sostanza non cambia: l’uomo ha la guerra nel sangue.

Le Crociate, ad esempio, hanno insanguinato il Medioevo in nome della fede, ma spesso dietro c’erano interessi economici, sete di potere, dominio. Guerre “sante”, le chiamavano. Guerre che hanno fatto milioni di morti in nome di un Dio che forse piangeva, mentre gli uomini lo usavano come scusa per uccidere.

Le Guerre Puniche videro Roma e Cartagine affrontarsi con ferocia per il controllo del Mediterraneo. Tre guerre, milioni di vittime, e intere città cancellate dalla storia. La seconda guerra punica è passata alla storia per Annibale e i suoi elefanti, ma dietro i racconti eroici c’erano fame, sangue e devastazione.

E le guerre napoleoniche? Un solo uomo che, nel nome della gloria e dell’Impero, mise a ferro e fuoco mezza Europa. E ancora prima, le guerre tra Atene e Sparta, che ridussero in macerie il sogno della democrazia greca. Guerre civili, guerre di confine, guerre per l’oro, per il petrolio, per l’onore.

Il Novecento, poi, è stato un secolo che ha raccolto l’orrore come una spugna: due guerre mondiali, la bomba atomica, l’Olocausto, i gulag. E dopo? Il Vietnam, la Cambogia, la Bosnia, il Ruanda, l’Iraq, l’Afghanistan, l’Ucraina, la Palestina… e domani? L’elenco è infinito, come se la pace fosse solo una breve pausa per riorganizzare le truppe.

E allora la domanda sorge spontanea: perché? Perché l’uomo non riesce a vivere senza combattere?

Forse è una debolezza della nostra specie. Forse siamo incapaci di gestire le emozioni senza trasformarle in violenza. Forse ci illudiamo che vincere significhi avere ragione. O forse è solo che ci dimentichiamo, troppo in fretta, cosa vuol dire perdere.

Io non ho risposte certe. Ma ho una speranza, e forse anche una piccola certezza: la pace non è qualcosa che ci verrà regalato dall’alto. È una scelta. Una scelta faticosa, quotidiana, personale. Comincia quando smettiamo di pensare che l’altro è un nemico. Quando scegliamo il dialogo, l’ascolto, la tolleranza. Quando ricordiamo che anche la più piccola guerra nasce da un cuore che ha smesso di vedere nell’altro un essere umano.

L’umanità ha fatto la guerra con ogni mezzo, in ogni epoca.
Ma ciò che ci rende veramente umani
è la capacità di scegliere un’altra strada.

Ed è proprio in questo tempo, che sembra buio,
che possiamo decidere di accendere una luce.
Una luce piccola, forse. Ma vera.
Una luce che arde nei cuori silenziosi,
che illumina i pensieri, i gesti, i ponti.
Una luce che ci ricorda che siamo fratelli,
e che insieme possiamo rischiarare anche le tenebre
in cui la spirale dell’oblio della guerra
continua a trascinare l’umanità.

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Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari, nata a Milano nel 1955, si trasferisce a Melzo nel 1990. Membro del “GAM” dal 1997, partecipa a mostre locali esplorando diverse tecniche artistiche: ritratti a matita, dipinti a olio, sculture in argilla e quadri in resina. Ha fondato una galleria d’arte e una scuola di cake design. Il quotidiano Il Giorno ha descritto via Napoli 37 come “la Montmartre di Melzo”. Attualmente, si dedica principalmente alla scrittura.
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