Vi siete mai chiesti perché molte multinazionali hanno la sede fiscale – e non legale – nel Regno Unito, nei Paesi Bassi o in Irlanda? Perché un autotrasportatore che lavora in Italia può avere un contratto di lavoro rumeno o un’assicurazione austriaca? Se si trattasse solo di aziende private, ci sarebbe una – seppur limitata – giustificazione. Tuttavia, il principio dovrebbe essere chiaro: ognuno dovrebbe essere tassato nel luogo in cui realizza il proprio reddito, senza possibilità di elusione fiscale.
Forse girano proventi illeciti nei corridoi di Bruxelles, dove si prendono decisioni su banane senza curva, vongole a misura unica, semafori alimentari e normative edilizie “green” (qualcuno ha mai visto un igloo con il cappotto a Lampedusa?). Si parla persino di produzione di carri armati elettrici e aerei con colonnine di ricarica tra le nuvole… E ora, dove è finita Greta Thunberg?
Se tutto questo riguardasse solo azionisti privati, sarebbe già poco giustificabile, ma qui parliamo anche di partecipazioni pubbliche: gli Stati, con le tasse dei cittadini, creano o partecipano in società che eludono il fisco, aumentando il carico fiscale per tutti per finanziare nuove partecipazioni.
E ora ci troviamo davanti a una nuova guerra? Oppure questa corsa agli armamenti è determinata dalle elezioni di Trump, dalle mire di Putin o dai dazi? In Italia, sui prodotti importati abbiamo diverse aliquote doganali e l’IVA, ma se tutti pagassero l’IVA senza eccezioni, ci sarebbero meno tasse per tutti.
La globalizzazione ha permesso queste distorsioni e l’Europa – tra scandali e interessi economici – le alimenta. Io voglio un’Europa con la “E” maiuscola. Ma arriverà mai?