L’analisi estetica non è altro che quel procedimento critico attraverso cui un’opera viene considerata o qualificata come arte.
Fu Aristotele a definire l’estetica nell’ambito della logica, sostenendo che ogni ragionamento può essere ricondotto, attraverso formule essenziali, a sillogismi perfetti (Analitici Primi). Questo metodo venne poi applicato anche al campo artistico. Nella Poetica, Aristotele afferma che, per alcuni brani difficili da valutare, è necessario ricondurli ai loro punti essenziali per facilitarne la comprensione e la valutazione.
“Se siete arrivati fin qui e non ci capite niente, non preoccupatevi: siete normodotati intellettualmente!”
Solo con Kant, nel 1790, si afferma il concetto di autonomia dell’arte. Anche se già in epoca greca i seguaci di Platone attribuivano all’arte un significato moralistico o allegorico, è con la Critica del Giudizio e l’analisi del Bello e del Sublime che Kant definisce un nuovo canone di valutazione estetica. Nel Novecento, Benedetto Croce baserà la critica artistica sull’infallibilità del critico, mentre in tempi più recenti si è introdotto un approccio sociologico e politico per analizzare il valore dell’arte, anche nella musica.
Personalmente, se un brano o una canzone mi dà i brividi, per me è un’opera d’arte. Lo stesso vale per la pittura, l’architettura, antica o moderna: se provo un’emozione intensa, allora è arte. Fermarsi a guardare dal Borgo Maestro il campanile della Pieve di Santa Maria, lasciarsi avvolgere dalla sensazione di pace che trasmette la nostra Cattedrale vista dal Prato, ammirare il libro scritto dal Vasari sull’altare della Badia o percepire la magia della nostra Chimera… Sì, tutto questo è arte!