ARETINI D’AREZZO DAVANTI A SANTA MARIA DELLA PIEVE
Fermatevi e osservate la facciata attentamente, rimarrete sempre sbalorditi da tanta bellezza. Angusto è il posto dove è stata costruita; la si può osservare di traverso, dall’alto in basso o dal basso in alto, e la sua prospettiva si allunga o si accorcia a seconda del punto da cui si guarda.
Tre file di piccoli pilastri segnano un progetto tipicamente romanico lombardo, iniziato nel 1216 e terminato nel 1330. Solenne nella sua struttura, mostra nelle decorazioni un’influenza schietta e quasi adolescenziale, soprattutto nelle rappresentazioni delle azioni umane.
Nella lunetta sopra la porta centrale troviamo Maria e i dodici apostoli, insieme a due angeli e vescovi, opera dello scultore e architetto Marchione di Arezzo, all’inizio dei lavori della Pieve. Continua a leggere
Sotto troviamo il ciclo dei mesi e della vita, dalla maturazione alla morte fino alla resurrezione. Gennaio è rappresentato da una figura a due teste che porta una brocca d’acqua; Febbraio pota la vigna; Marzo suona la chiarina per la primavera; Aprile raccoglie i fiori; Maggio cavalca attraverso i campi; Giugno miete il grano; Luglio lo batte; Agosto prepara i tini per l’uva; Settembre vendemmia; Ottobre semina; Novembre raccoglie le sementi; Dicembre ammazza il maiale.
Sopra, un gioco di colonne di diversa fattezza con basi adornate da animali fantasiosi. I pilastrini sono alcuni grossi, altri sottili, disposti a due a due o a quattro a quattro, creando un sistema che si sviluppa verso il cielo con il campanile… Bella, eh!?
L’INCONTRO CON ANGELO, IL FINANZIERE EBREO DI LUCIGNANO
Ho voglia di rivivere con il povero Angelo gli ultimi giorni della sua vita in carcere. Era stato arrestato nel febbraio del 1466, dopo il travaso del vino dalle botti, e rinchiuso in un sottoscala del Tribunale, l’attuale palazzo del Museo di Lucignano.
“Ciao Angelo, sono tempi duri per gli ebrei, ma tu, dimmi perché sei stato messo qui in questo angusto sottoscala!” gli domandai curioso.
Il povero Angelo, accovacciato a sedere con il capo reclinato e le braccia che racchiudevano le ginocchia, alzò mestamente lo sguardo e iniziò a raccontare: “Era l’ultimo di Carnevale ed avevo organizzato una festa in maschera nel mio palazzetto. Avevo fatto vestire mia moglie con una tunica bianca, un mantello azzurro e delle lucine in testa; sembrava una fata. Era talmente bella e seducente che a un vecchio invitato venne un’erezione, e il povero gridò al miracolo, ignaro delle conseguenze.”
“Prosegui nel racconto!” lo incalzai, e lui: “Oh, a quella festa c’era uno dei miei debitori, che riferì al Podestà che avevo fatto una parodia della Madonna!”
“E allora!?” domandai.Continua a leggere
Angelo rispose: “Il Podestà, d’accordo con il debitore e con quei Tolomei che vogliono aprire uno sportello di prestiti in paese, mi ha condannato a un’atroce tortura!”
“Quale? E che tortura?” chiesi.
Angelo spiegò: “Mi legheranno le mani dietro la schiena e mi tireranno su con una carrucola, così da rendere i miei legamenti e le articolazioni delle spalle inutilizzabili per sempre!”
Esclamai: “Meglio morire subito!”
Angelo proseguì: “Dicono che il Vicario del Vescovo di Siena mi vuole processare con un giusto processo e mi verrà a liberare.”
Ed io: “Guarda, i senesi sono tutti dei voltagabbana, non ti fidare. E poi, se ci sono di mezzo i soldi, te faranno la pelle. So di un certo Rossi…”
Uscendo dal Tribunale, ora Museo, vidi dei brutti ceffi…
Angelo fu un finanziatore ebreo di prestiti a Lucignano, durante un periodo in cui i Tolomei volevano aprire uno sportello bancario in città. Morì assassinato da sicari.
AREZZO E GLI ATTRITI CON SIENA, PERUGIA E FIRENZE
Unica città che rimase sempre ghibellina, attorniata da città papaline o guelfe bacucche.
Forse eravamo già per una nazione, anzi un’Europa, sganciata dal potere temporale della Chiesa, con un concetto di stato moderno, forse fin troppo moderno.
Gli attriti con Siena cominciarono con le diatribe per la nostra diocesi, che si estendeva da Sinalunga fino alle Marche e l’attuale Romagna, in parte grazie all’opera di evangelizzazione del nostro patrono San Donato. Questo contrasto continuò fino al 1200, scomponendosi e ricomponendosi secondo i capricci dei Papi, a seconda delle loro simpatie per le aspirazioni senesi. Continua a leggere
Pur essendo accorsi in aiuto dei senesi durante la battaglia di Montaperti nel 1260, dove l’intervento di 300 cavalieri aretini fu decisivo per la vittoria ghibellina, Siena cambiò alleanza e tentò più volte di assediarci. Nonostante la sconfitta subita a Pieve al Toppo nel 1288, i senesi un anno dopo aiutarono i fiorentini contro di noi nella battaglia di Campaldino, nel 1289, in una lotta impari: 7000 fanti e 2000 cavalieri in più contro di noi, in un rapporto di 5 a 1.
I perugini, approfittatori, dopo la morte del Vescovo Guido Tarlati e con suo fratello Pietro incarcerato a Firenze, cercarono invano di conquistarci nel lungo assedio del 1335 e anche decenni dopo. Ma Arezzo non fu mai conquistata, nemmeno da quei grifoni!
Quanto a Firenze, anche gli Etruschi di Arezzo cercarono di allagarla deviando il corso dell’Arno, quando “manco” esisteva… Mai conquistati, consegnammo le chiavi dopo Campaldino, ma i fiorentini furono successivamente cacciati. Riprovarono nel 1310, ma fallirono nuovamente.
E che dire dei Medici? Per invidia ci tennero sotto tiro con i cannoni della Fortezza del Sangallo, rubandoci le opere etrusche e nascondendo quelle romane, deturpando una delle tre più importanti città imperiali.
Tutto sto casino per poi farci colonizzare dalla Confcommercio