Una volta, la benedizione di Pasqua era una specie di piccolo evento annuale che univa sacro e zuccherato. I chierichetti si contendevano il sacrosanto onore di portare il secchiello dell’acqua benedetta, gareggiavano per chi riusciva a infilarsi in più case possibile, e si inerpicavano felici su per le scale come moderni angeli custodi in tuta da ginnastica. Ogni stanza veniva benedetta: dalla cucina al bagno, passando per il salotto con la parete attrezzata di ciliegio e il corridoio pieno di santi e cornici dorate.
Poi, il premio: caramelle, cioccolatini, magari anche una manciata di gomme da masticare alla fragola chimica, quella che ti faceva scoppiare la mascella e la fede nello zucchero.
Oggi? Oggi il prete suona al citofono, aspetta, ritenta… e se va bene qualcuno gli apre. Forse. Ma prima lo sbirciano dalla finestra: “È il parroco o un venditore di pentole?”. Il sospetto è lecito, soprattutto se si presenta senza collarino e con un’aria troppo umana. Intanto dentro casa, Alexa spara musica trap, il televisore racconta un omicidio su Chi l’ha visto e TikTok vibra ogni dieci secondi. Amen.
Non è solo questione di privacy, eh. È che la famiglia-tipo, nel 2025, è più difficile da acchiappare di una farfalla in autostrada. Genitori che lavorano fino a tardi, figli con doppi turni tra scuola, sport e corsi di karate-cinese-emozionale. Il parroco entra e trova il gatto. Se va bene.
E così, a Cavriglia, nel cuore del Valdarno, don Maurizio ha detto basta. “Casa per casa? E chi me le apre più, le porte?”. Così ha preso carta, penna e spirito di iniziativa, e ha inventato la benedizione fai-da-te. Che non è un nuovo reality di Real Time, ma una geniale reinvenzione del rito: tu porti l’acqua (della Coop, del rubinetto, gasata o naturale), lui te la benedice in un rito comunitario in piazzetta, e poi a casa ci pensi tu. In autonomia. Con responsabilità. Un po’ come montare un mobile IKEA, ma con meno viti e più Spirito Santo.
Una benedizione partecipativa, democratica, quasi eco-sostenibile: niente sprechi di tempo, niente benzina, zero campanelli suonati a vuoto. Solo l’acqua benedetta nella borraccia e via, di stanza in stanza, a spruzzare fede sui mobili IKEA e sui robot aspirapolvere.
Chi vuole ancora il rito tradizionale? Nessun problema: prenota. Proprio così. Come dal parrucchiere. Ma attenzione: che sia presente tutta la famiglia, eh! Altrimenti si rimanda. La benedizione non si serve a domicilio su richiesta singola, mica è Deliveroo.
E forse, in fondo, questa Pasqua 2.0 ci insegna qualcosa. Che la fede, oggi, ha bisogno di adattatori universali. Che anche l’acqua santa, nel 2025, può stare in una borraccia termica. E che forse, tra un click, una story e un citofono ignorato, quello che conta davvero è non smettere di cercare un momento per fermarsi, spegnere il wi-fi, e benedire. Anche solo per un attimo.
Con o senza caramelle.