Presente in Africa e anche nelle nostre zone, la falena Acherontia atropos fece parlare di sé quando giunse a Napoli, dove sembrava “cantare”. Il suo nome richiama Atropo, una delle Moire greche che recidevano il filo della vita, probabilmente per via della macchia a forma di teschio che porta sul torace. Le sue striature marroni e scure la aiutano a confondersi con le api, permettendole di introdursi negli alveari per nutrirsi del miele. Tuttavia, l’inquinamento luminoso e gli insetticidi ne ostacolano la diffusione nelle nostre regioni.
Grazie al suo aspetto, riesce a camuffarsi tra le api ed è molto resistente al veleno, ma la sua insaziabile golosità talvolta le gioca contro: se scoperta, le api la soffocano montandole sopra. La sua “voce” non è legata al suo arrivo in Campania: la falena possiede un organo simile a un flussometro nella laringe, che le consente di emettere un sibilo, soprattutto quando è disturbata.
Ben più pericolosa è invece la farfalla Atrophaneura kotzebuea, originaria del Sud-Est Asiatico. Il suo bruco si nutre delle sostanze tossiche della Aristolochia, una pianta diffusa in molte zone tropicali. Sebbene non punga, questa farfalla può diventare un pericolo se ingerita. Quindi, se vi trovate in quelle regioni… meglio non dormire a bocca aperta! Un risveglio improvviso potrebbe essere fatale.