Capitolo VIII – Lilly in questura
Lilly, o meglio Angela, viene condotta in questura e medicata a un ginocchio per una ferita lacero-contusa, procuratasi nel tentativo di aggrapparsi a una piantina di capperi sul muro dell’Eden.
Ripresasi, viene portata davanti alla scrivania dell’ispettore Volpicelli.
“Voglio sapere tutto: perché Bruno, il marito di tua sorella, ti accompagnava? Chi ha portato il cadavere in via Erbosa da Poggio Bagnoli? Non voglio reticenze!” esordì Edoardo, poi incalzò: “Guarda che non esci di qui finché non mi chiarisci tutto!”
Lilly, con il ginocchio scoperto su cui teneva una pezza di cotone imbevuta di alcool, lasciava intravedere il bordo delle calze e il bottone del reggicalze nero. Teneva il viso basso rispetto al suo interlocutore, ma si notava ancora una bellezza intrigante e seducente, accentuata da un trucco appariscente, seppur non volgare. Il golfino e la blusetta la ringiovanivano, nonostante i suoi 36 anni.
Iniziò a parlare tra una pausa e un sospiro.Continua a leggere
“Sì, mio cognato mi accompagnava, ma non prendeva compensi da me, solo la benzina gli rimborsavo.”
“E nei giorni in cui non poteva? Chi ti accompagnava?” insistette Volpicelli.
Angela abbassò ancor più lo sguardo. “Nessuno. Talvolta prendevo l’accelerato a Ponticino e tornavo con qualche cliente la mattina o con lo stesso treno.”
“Ma allora chi ha portato il cadavere ad Arezzo? Guarda che ti arresto per reticenza, e anche tua sorella! Dimmi con chi avevi rapporti. Chi poteva entrare in casa di Bruno e Rosa?”
Lilly esitò, poi rispose: “Beppone, il ristoratore; il Menco, il contadino di mio cognato; il cameriere del Cacciatore; alcuni di passaggio e… Don Renato, il panettiere di Levane… e anche tanti altri che potevano entrare in casa di mia sorella!”
“E meno male che la miccia del Menco non era un ciuco!” sbottò l’ispettore.
“Non ti rendi conto che portando il cadavere ad Arezzo hanno cercato di indirizzare le indagini su di te!” continuò Volpicelli. “Dobbiamo considerare solo chi poteva entrare nella casa di tua sorella e tuo cognato!”
La notte stava ormai per finire. Lilly fu trattenuta in un gabbiotto con altre due donne sorprese a rubare nei bagni della stazione. Intanto, l’ispettore, stanco, tornò a casa, dove lo attendeva un altro interrogatorio… quello della moglie.
Capitolo IX – Il ritorno e la…
Dopo la nottata passata in questura, il povero e stanco Volpicelli fa ritorno a casa.
Apre la porta con una certa premura per non fare rumore, quando dal bagno sua moglie, già sveglia, gli urla: “Mettiti le piattine e non andare a letto, che l’ho rifatto ora!”
Poi, ancora in vestaglia e con i bigudini in testa, si presenta a lui e gli dice: “Mi dici dove sei stato, cosa hai fatto tutta la notte? Se non mi dici niente, io sto in pensiero. Ad ogni modo, dammi 1000 lire che vado a farmi le manicure e anche i piedi!”Continua a leggere
Edoardo si era già mezzo appisolato, con le pantofole, la testa e le braccia sul tavolo di marmo della piccola cucina. Ebbe quel lampo chiarificatore, e, dopo che la moglie aveva sbattuto la porta, si rimise le scarpe, tornò in questura e fece spiccare un ordine di arresto per… anzi due, per istigazione e occultamento di cadavere.
“Ma a carico di chi?” domandò lo stesso questurino, sovrintendente. Volpicelli, iniziando a passeggiare su e giù per il suo ufficio e nemmeno guardando il suo collega, rimasto in piedi, impalato, iniziò a spiegare…
Capitolo X – Volpicelli e …
L’ispettore Volpicelli era immerso nei suoi ragionamenti. Aveva avuto un’intuizione mentre la moglie lo assillava di domande e ordini.
“Allora,” ripeteva tra sé, “chi ha portato il cadavere ad Arezzo aveva una macchina grossa e la patente. La moglie con il Topolino da sola non può essere stata. E poi perché il cadavere indossava abiti da camera e pantofole? Neanche il contadino con il barroccio di notte poteva farlo. Lilly non ha un’auto e prende il treno… o la accompagnava Bruno! E poi chi ha scritto quella cavolata di vestirlo in quel modo e farlo trovare la mattina presto ad Arezzo?”
Poi, rivolto al sovrintendente: “Torniamo a interrogare il prete, il ristoratore, Menco e Rosa. Teniamo ancora dentro Lilly o Angela, come si chiama. Facciamoci firmare in bianco due mandati, poi vedremo!”Continua a leggere
Il primo a essere sentito fu Don Renato. Dopo pranzo, era seduto sugli scalini della chiesa quando l’ispettore, in piedi davanti a lui con il questurino e la campagnola parcheggiata accanto alla piazzetta, gli rivolse la parola.
“Don Renato, mi dica qualcosa in più. Lei non ha la patente, gira in bici. La signora Rosa veniva ogni sera alla catechesi?”
“Non ho la patente, né guido. Ma ero un ottimo ciclista prima della guerra. La signora Rosa qualche volta mancava, più di questo non posso dirle.” Rispose il prete, abbassando lo sguardo.
Quel gesto fece capire a Volpicelli che il prete sapeva qualcosa che non poteva dire.
“E la sera prima del ritrovamento? Era alla catechesi?”
Don Renato rialzò di colpo la testa: “Sì.”
Soddisfatto, l’ispettore lo salutò e ripartì con il sovrintendente per interrogare il ristoratore, Beppone.
Capitolo XI – Beppone e la quercia
Arrivati al ristorante, Beppone aveva ancora da fare, così Volpicelli e il collega si misero con la campagnola sotto la grande quercia, che stava rimettendo le sue foglie. Intanto, l’ispettore rimuginava fra sé.
Partì dal piazzale un camion, un Lancia 3RO con le sponde in legno, carico di balle di juta. Tra i clienti rimasti c’era una coppia con una Balilla del ’38, che uscì poco dopo: un uomo sui 50 anni e una donna, di bell’aspetto, con un cappellino a vaso da notte ornato da un ciuffo di piume da un lato e tacchi a spillo. Poi arrivarono il furgone del panaio e quello dell’acqua Paradiso. L’ultimo cliente ad andarsene fu il veterinario, a bordo di una Guzzi 500 2VT con un solo sedile. Continua a leggere
Partiti anche i fornitori, Volpicelli invitò il ristoratore fuori, sotto la quercia, poiché dentro c’erano le cameriere impegnate a riordinare la sala.
Beppone aveva avuto anche una gita di turisti diretti da Arezzo a Firenze su un pullman con targa Roma *****, che i due poliziotti avevano incrociato al loro arrivo.
Volpicelli si rivolse a Beppone:
“Siamo ritornati perché lei conosce bene le due sorelle e volevamo sapere se per caso sono mai venute a pranzo o a cena qui da lei.”
Beppone fissò un punto nel vuoto, poi si voltò di scatto verso Edoardo, sicuro di ciò che stava per dire:
“Angela qualche volta veniva con i clienti e andava via con loro. Il giorno della scomparsa del povero Bruno, invece, la sorella Rosa venne a prendersi il caffè dopo pranzo, dicendo che aveva finito la polvere a casa.”
L’ispettore incalzò:
“Ma andò via con qualcuno?”
Beppone scosse la testa:
“No, io sono sempre indaffarato e non posso vedere tutto.”
“Grazie, abbiamo finito e ci scusi per il disturbo,” concluse Volpicelli. I due poliziotti se ne andarono e, prima di imboccare la provinciale, il sovrintendente chiese:
“Andiamo dalla signora Rosa o dal contadino?”
Volpicelli rispose deciso:
“Torniamo in questura. Dobbiamo fare altre indagini e capire come è morto Bruno!”
Il Mistero del Fosso – Nuove rivelazioni