Daniela era una ragazza carina, non una bellezza da copertina, ma il suo carattere aperto e solare la rendeva speciale. I suoi capelli castani, che sfumavano nel biondo, e gli occhi azzurri brillavano di furbizia e determinazione. Esile, di statura superiore alla media, con un’agilità e resistenza che sembravano innati, attirava l’attenzione ovunque andasse. Single, ma sempre notata, soprattutto quando, con la sua pelle ambrata, passeggiava verso il pattino per un bagno al largo.
Era il 1965, e noi eravamo un gruppo eterogeneo di giovani: provenivamo da Arezzo, Milano, Varese e Prato. Le ragazze di Prato, ospiti in una pensione di famiglia, includevano anche una giovane coppia di Piacenza: lei, formosa e minuta; lui, magro e dall’aspetto serio, quasi da impiegato di banca. Tra i ragazzi di Varese c’era anche il Bossi, ma non si amalgamavano molto con noi: erano un po’ troppo esuberanti, e li avevamo presto lasciati ai loro eccessi.
Noi tre di Arezzo, con patenti appena conseguite, avevamo due auto: una Bianchina e la mia Fiat 500 usata, con sedili estivi e portiere controvento. Tra le risate e le serate spensierate, stringemmo amicizia con il gruppo di Milano, un mix di ragazzi e ragazze. Ogni sera, dopo cena, ci trovavamo al bar, dove un barman, abile come un mago con le carte, ci intratteneva. Intanto, lo sguardo del marito della coppia di Piacenza era sempre fisso su Daniela, affascinato dalla sua vivacità.
Dopo qualche sera, misi in atto il mio piano, mi avvicinai al maritino lasciato solo dalla giovane mogie, e gli dissi che la Daniela si era stufata di scopare con noi e che necessitava di novità e che ogni sera andavamo nel bosco della Versiliana, in due in tre a farsela e che lei era ninfomane e che necessitava sempre….., ma aveva un fratello che la seguiva e che praticava palestra e culturismo e che era molto geloso della sorella.
Preparammo tutto con cura: nei giorni precedenti avevamo individuato un capanno immerso nel bosco. Con un po’ di astuzia, il marito riuscì a liberarsi della moglie, con la scusa di un incontro di boxe a Viareggio. Durante il tragitto, lui insisteva per arrivare per primo. Io gli dissi che lo avrei accompagnato a piedi, mentre gli altri ci avrebbero raggiunti in auto.
Arrivati al capanno, tutto sembrava procedere come previsto. Chiamai Daniela, che si fece vedere mezza nuda in costume, avvicinandosi al capanno. Ma quando il nostro “fratello geloso” – un ragazzone di Milano – doveva entrare in scena, accadde l’imprevisto: la tensione, l’atmosfera del bosco e la notte lo fecero svenire. L’intero piano si sgretolò. Cercai di salvare la situazione e, fingendo panico, dissi al marito: “È andato tutto storto, qui ci mettono tutti in galera! Daniela è malata!”. Lui, confuso e spaventato, mi seguì e lo riaccompagnai alla pensione.
Tornai al capanno per vedere come stessero gli altri: il ragazzone di Milano si stava riprendendo, pallido come un lenzuolo, mentre Daniela, ormai rivestita, lo aiutava insieme agli altri.
Il giorno dopo, la giovane coppia partì senza dire nulla. Dei miei amici di Arezzo, due sposarono ragazze di Prato. Daniela sparì dalla mia vita, e del ragazzone di Milano non ebbi più notizie. Qualche anno dopo, rividi il Bossi in televisione: era diventato un cantante. Quanto a me, ritrovai la mia ex fidanzata, che nel frattempo si era fidanzata con un giovane aitante di Prato.
Quella notte, con i suoi scherzi e le sue assurdità, rimase per sempre impressa nei ricordi di un’estate ormai lontana.