La bottega di Foglione, situata in Porta Buia, era famosa già ai tempi della battaglia di Campaldino. Aveva prodotto numerose spade, lance e alabarde, tanto che uno dei condottieri fiorentini, il famoso Bostoli, esiliato da Arezzo in quanto guelfo bianco, consigliò ai molti esuli, tra cui gli Alighieri, di affidarsi a Foglione per la realizzazione delle loro armi, in vista di un possibile rientro a Firenze. Le armi prodotte nella bottega di Foglione erano rinomate per la loro qualità e resistenza.
Per chi non lo sapesse, i guelfi erano i sostenitori dei bavaresi e dei sassoni, ma si dividevano in due fazioni: i guelfi neri, rappresentanti delle famiglie più ricche, e i guelfi bianchi, espressione della nascente borghesia mercantile.
Esiste una ricevuta di pagamento per la somma di 12 fiorini d’oro – cifra considerevole – inviata a Franciscus Aleghierii, fratello di Dante. Questo documento testimonia che, già espulsi da Firenze nel 1303, gli Alighieri cercavano di rientrare in città con l’uso delle armi.
Firenze, in quel periodo, era una città estremamente pericolosa: assassini, avvelenamenti e agguati erano all’ordine del giorno. Due fazioni opposte non potevano coesistere all’interno dello stesso contesto politico e sociale.
Questa situazione di instabilità perdurò per circa 250 anni. Inizialmente, a causa delle lotte per il potere della Repubblica, poi per il periodo del Savonarola e la peste, che aggravò i disordini. Successivamente, si verificarono le lotte tra le famiglie dei banchieri Strozzi e Medici. Infine, Firenze dovette subire la corruzione e la dittatura della signoria dei Medici, che mascheravano il loro potere assoluto dietro il paravento del mecenatismo artistico, del dominio finanziario ed ecclesiastico, nonché attraverso parentele e matrimoni di convenienza.