Chi di noi non ha mai provato quel momento in cui la realtà sembra intrecciarsi con qualcosa di familiare, un istante vissuto prima e che riemerge come un’eco lontana? Il déjà vu è uno dei fenomeni più misteriosi e affascinanti della mente umana. È come trovarsi di fronte a una porta socchiusa che dà su un passato che non riusciamo a definire, o forse su un’altra vita. Quel senso di sapere già cosa accadrà, di aver già sentito quelle parole, di aver già camminato in quel luogo, ci lascia sospesi tra il razionale e l’ignoto.
Ricordo un episodio al Castello Sforzesco di Milano che mi ha lasciato senza fiato. Durante una visita, mi sono ritrovata a camminare su quelle antiche pietre e, per un attimo, non ho visto i miei piedi calzare le scarpe di tutti i giorni, ma babbucce color zafferano, impunturate di un cordino di camoscio nero. Una gonna lunga di panno grezzo bordeaux ondeggiava a ogni mio passo, e sopra la gonna portavo uno scusarin azzurrino. Non c’era nulla di regale o sfarzoso, ma nemmeno di umile o straccione. Ero forse una servitrice? Non lo so. Era come trovarsi in una via di mezzo, in una condizione che oggi non saprei definire. Quel momento è stato così intenso che mi sono sentita a casa, come se quella scena appartenesse a qualcosa che avevo già vissuto. So di aver avuto altri due episodi simili, ugualmente emozionanti e vividi, ma al momento non riesco a ricordarli.
E non sono solo i luoghi a evocare queste sensazioni. Ci sono persone che ci attraggono o ci respingono fin dal primo incontro, sconosciuti con cui sentiamo un’immediata familiarità o un inspiegabile disagio. Perché proviamo simpatia o antipatia a pelle? È possibile che queste emozioni siano il riflesso di legami antichi, intrecciati in un tempo che la mente non può ricordare ma che l’anima conserva? In quei momenti, forse, il déjà vu ci racconta non solo dove siamo stati, ma anche con chi abbiamo condiviso un frammento del nostro cammino.
La scienza tenta di spiegare il déjà vu come un errore della memoria, un inganno del cervello. Eppure, per chi è disposto a guardare oltre, è come se l’universo ci stesse parlando, regalandoci un indizio, un filo che collega le vite e le esperienze. È come se il tempo ci concedesse una finestra aperta su ciò che è stato, per ricordarci che siamo parte di qualcosa di più grande.
Forse questi lampi di memoria sono doni che ci spingono a riflettere, a chiederci cosa sappiamo davvero di noi stessi e del mondo. Non importa se crediamo nella reincarnazione o in altro; ciò che conta è l’emozione di sentirci per un attimo sospesi tra passato e presente, tra ciò che è stato e ciò che è.
Qualcuno di voi ha mai avuto un déjà vu?
S.S.C.