C’è un istante, per alcuni inatteso e improvviso, in cui la vita si mostra nella sua fragilità estrema, un passo prima del vuoto. È quel momento in cui si ha la sensazione che il tempo si fermi, anche se tutto continua a scorrere; i rumori si affievoliscono, mentre dentro di noi ogni emozione si amplifica. Alcuni, come me, sentono il bisogno imprescindibile di conoscere la verità, qualunque essa sia, perché ogni istante, ogni respiro diventa prezioso quando si sa che il tempo è contato. Sapere è l’unico modo per restare ancorati alla propria volontà, per dare forma al proprio congedo, per lasciare un ultimo ricordo di sé fatto di scelta, di dignità, di presenza fino alla fine.
Altri, invece, preferiscono la morbidezza di una bugia bianca, un’ombra di speranza o un velo di inconsapevolezza. Sono quelli per cui la verità rischia di rubare la gioia del presente, e così scelgono di rimanere immersi nella luce di ogni giorno, nel conforto di una serenità fragile ma intatta. Sono quelli che confidano nelle parole gentili, nonostante siano illusioni, per mantenere i dolori a distanza, per vivere gli ultimi attimi liberi dal pensiero del tempo che si assottiglia. Per loro, forse, la speranza è una luce che rende più dolce il viaggio finale.
Poi ci sono coloro che si fanno portatori di verità “a fin di bene”, che scelgono cosa dire e cosa nascondere, con l’intento di proteggere o rendere meno penosa l’attesa. Queste persone credono che mentire per amore sia un dono, e interpretano il dolore in anticipo come un peso che si può risparmiare. È un compito delicato, che poggia sull’intimità di un legame e sulla scelta di sopportare da soli il fardello della verità. Come accadde per Alberto Sordi, che, consapevole della sua fine vicina, non disse nulla alla amatissima sorella, unica sua erede, per preservare l’illusione di una serenità quotidiana, di una gioia semplice e reale. Bugie come sento “un leggero fastidio” o “qualche dolore qua e là”, invece della verità, diventano allora le sfumature di un abbraccio silenzioso, un linguaggio privato di chi ama e che sa di dover presto lasciare i suoi affetti più importanti.
In queste menzogne bianche, per alcuni, si cela il dono più grande, una coperta calda negli ultimi attimi di un’esistenza. Per altri, come per me, questo silenzio rappresenta invece una negazione della propria libertà, la privazione del diritto di vivere pienamente anche la parte più buia del cammino. Sapere quanto resta è come guardare il tramonto, che diventa più struggente perché sappiamo che la notte è vicina. E se, per alcuni, questa consapevolezza è un tormento, per me è un dono prezioso: mi permette di affrontare ciò che verrà a testa alta, di chiudere i conti con il cuore in pace, di lasciare dietro di me un’orma lucida e consapevole.
E così, questo dualismo rimane sospeso su un filo sottilissimo, come una bilancia che oscilla tra la volontà di proteggere e il bisogno di sapere. Da una parte, c’è chi sceglie di camminare verso l’ignoto sostenuto da un amore che si esprime nel silenzio, e dall’altra chi sente che l’amore, il rispetto più profondo, risiede nell’affrontare insieme, a viso aperto, anche l’ultimo passo. Tra di loro, chi rimane si trova a prendere la decisione più difficile: accompagnare con la verità o con l’illusione, cercando nel cuore il coraggio di fare ciò che ritiene giusto, per amore.
S.S.C.