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martedì, Gennaio 14, 2025
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Quando tradisci te stesso: la ferita invisibile

Il tradimento verso sé stessi, silenzioso ma profondo, è una ferita invisibile che ci allontana dalla nostra autenticità e ci priva della gioia di essere fedeli alla nostra vera essenza

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Il tradimento verso sé stessi è una ferita che si nasconde sotto la superficie, meno evidente ma forse più dolorosa di altre. Non ha la violenza di un atto plateale, non si accompagna al rumore di un segreto svelato o di una promessa infranta. È un tradimento silenzioso, fatto di piccole rinunce, di compromessi con ciò che si è e con ciò che si desidera essere.

Succede quando smettiamo di ascoltare la nostra voce interiore, quella che ci indica la direzione come una rondine che guida il suo volo. Lo facciamo per quieto vivere, per adattarci alle aspettative altrui, per non dispiacere chi ci sta intorno. Ma in questa ricerca di pace apparente, rischiamo di perdere qualcosa di molto più prezioso: la nostra autenticità.

Ci convinciamo che è giusto così, che accontentarsi è parte della vita. Ma dentro di noi, in un angolo remoto del cuore, si accumula un senso di insoddisfazione, una malinconia che diventa sempre più difficile ignorare. È quel momento in cui ci guardiamo allo specchio e non riconosciamo più la persona riflessa: vediamo i contorni di chi siamo diventati, ma non la scintilla di chi volevamo essere.

Tradire sé stessi significa accettare un lavoro che non ci rappresenta, continuare una relazione che non ci fa più sentire vivi, o abbandonare un sogno perché ci appare irraggiungibile. Ogni volta che diciamo “va bene così” quando, in realtà, non va bene per niente, ci allontaniamo un po’ di più dalla nostra essenza. E questo allontanamento, questa dissonanza tra ciò che sentiamo e ciò che viviamo, lascia un fondo di tristezza che lentamente si trasforma in una sorta di depressione sottile e che può scatenare moltissime vere e proprie malattie in noi.

La verità è che vivere controcorrente rispetto ai propri desideri e valori richiede uno sforzo enorme, un peso che alla lunga si fa sentire. È come camminare con una scarpa che non calza bene: all’inizio sembra sopportabile, ma a ogni passo il dolore diventa più acuto, fino a diventare insostenibile. E allora ci troviamo a chiederci: “Come sono arrivato qui? Quando ho smesso di essere fedele a me stesso?”

Eppure, riconoscere questo tradimento interiore è il primo passo per cercare di riallinearsi con sé stessi. Non è facile, perché significa affrontare le scelte fatte, accettare gli errori, e trovare il coraggio di cambiare rotta, anche quando la strada sembra ormai tracciata. Ma forse è proprio in questo percorso di riconciliazione con noi stessi che ritroviamo quella scintilla, quella voglia di seguire di nuovo la direzione della rondine.

Perché alla fine, essere fedeli a sé stessi è l’atto più grande di lealtà che possiamo compiere. È un atto di amore verso la persona che siamo e verso quella che ancora possiamo diventare”. * S.S.C.*

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Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari, nata a Milano nel 1955, si trasferisce a Melzo nel 1990. Membro del “GAM” dal 1997, partecipa a mostre locali esplorando diverse tecniche artistiche: ritratti a matita, dipinti a olio, sculture in argilla e quadri in resina. Ha fondato una galleria d’arte e una scuola di cake design. Il quotidiano Il Giorno ha descritto via Napoli 37 come “la Montmartre di Melzo”. Attualmente, si dedica principalmente alla scrittura.

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