“Negli anni del dopoguerra, con la ricostruzione italiana e l’influenza delle potenze globali, è stato tracciato un percorso preciso: quello di trasformare le società in macchine del consumo. Elettrodomestici, auto, televisori… ogni oggetto promesso come un passo verso una vita migliore. Ma a quale prezzo?
Con il tempo, il consumismo non ha toccato solo l’Italia, ma ha invaso il mondo intero. La pubblicità ha affinato la sua arte, creando bisogni spesso superflui nella mente delle persone, trasformando desideri in necessità. Lentamente, senza quasi accorgercene, siamo diventati tutti criceti nella ruota. Corriamo, giorno dopo giorno, spinti dall’illusione che quel “di più” ci darà finalmente la felicità. E così lavoriamo, accumuliamo, acquistiamo, rincorriamo. E cosa rimane alla fine? Un ciclo che si ripete, senza fine.
Tuttavia, non possiamo negare che alcune conquiste del progresso hanno effettivamente migliorato la vita di tante persone. Pensiamo alle lavatrici, che hanno liberato intere generazioni dalla fatica quotidiana del lavaggio a mano. Certe tecnologie sono diventate irrinunciabili, non per capriccio, ma per la loro reale utilità. Elettrodomestici come la lavatrice hanno cambiato radicalmente la gestione della casa, soprattutto per chi, come le donne del passato, doveva affrontare lavori duri e pesanti per mantenere pulite le famiglie numerose. Non tutto ciò che è venuto con il progresso è superfluo o marcio; il punto è come usiamo questi strumenti e dove poniamo i nostri veri valori.
Il consumismo ha creato un sistema in cui ci si sente costantemente incompleti, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di qualcosa di migliore. E questo sistema non è solo una questione “occidentale”. Molti emigrano dai loro paesi, devastati da carestie, siccità e disastri climatici, spinti dalla promessa di un paradiso consumistico che spesso non esiste. E mentre fuggono da realtà dure, arrivano con in mano la speranza di una vita diversa, inseguendo quel miraggio che abbiamo costruito intorno all’idea di benessere. Ma alla fine, anche loro finiscono nella stessa ruota, inseguendo un ideale che non risolve i veri problemi alla radice.
Non si tratta di dire che non servono soldi per vivere – è ovvio che ne abbiamo bisogno per garantire il cibo, per pagare una casa, per permetterci una macchina. Ma c’è una linea sottile tra il guadagnare per vivere e il vivere per guadagnare. E spesso ci ritroviamo intrappolati in questo circolo vizioso, come il gatto che si morde la coda.
Ma forse, solo forse, se riusciamo a far rallentare anche solo una persona, a fargli assaporare la vita per quello che è, e non per quello che la pubblicità ci dice che dovrebbe essere, avremo fatto un piccolo miracolo. La vita non è solo un accumulo di cose; è fatta di momenti, di esperienze, di emozioni. È fatta di pause, di respiri, di osservazione. È fatta di tempo dedicato a ciò che amiamo davvero.
Non sto dicendo che dovremmo tutti abbandonare la vita che conosciamo e rifugiarci in campagna a coltivare api. Non si tratta di rinunciare a tutto, ma di rallentare, di fare un passo indietro, di riflettere su cosa veramente conta. Perché, alla fine, la vita è quella cosa che accade mentre siamo impegnati a fare altro.
Forse la soluzione non è cambiare tutto, ma iniziare a godersi di più ciò che già abbiamo. Vivere davvero, anziché correre nella ruota”. *S.S.C. *