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Arezzo alla fine dell’ottocento: l’osservazione di Eugène Müntz tra splendore e povertà

Il gossip di Cesare Fracassi
Il critico d'arte Eugène Müntz esplora la città di Arezzo alla fine del XIX secolo, rimanendo affascinato dalla sua architettura rinascimentale, ma colpito dal contrasto tra eleganza e povertà

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125 Anni dopo, Arezzo

Verso la fine del 1800, arrivava da Firenze ad Arezzo Eugène Müntz, storico e critico d’arte francese, esperto del periodo rinascimentale. Dopo due ore di viaggio su un treno “espresso” dell’epoca, giungeva ad Arezzo. I due principali alberghi della città, il Vittoria e l’Albergo Reale d’Inghilterra, si trovavano uno di fronte all’altro in via Cavour, prima dell’incrocio con Corso Italia. Müntz scelse di soggiornare al primo e ne fece una critica, trovando l’arredamento piuttosto pacchiano. Tuttavia, la mattina seguente, camminando per le strade, notò subito la loro ampiezza e la pulizia del bel lastricato.

Incantato, si incamminò verso Piazza Grande, osservando la ricchezza delle case, tra cui si ergevano palazzi rinascimentali e torri gotiche. Questi gli trasmisero un senso di calma e agiatezza che, a suo dire, Siena non gli aveva offerto a causa dei suoi percorsi più accidentati. Müntz notò inoltre la differenza nei materiali: ad Arezzo, la pietra arenaria giallastra si distingueva dalla pietra serena azzurrata tipica di Firenze. L’intonaco giallo e le imposte verdi dei palazzi ravvivavano il suo spirito, creando un’atmosfera di pacato calore.

Il Corso era affollato di gente. Cittadini ben vestiti, alla moda, passeggiavano accanto a contadini e contadine che portavano polli e altri prodotti dei loro campi. Gli uomini indossavano giacche grigie e cappelli flosci, mentre le donne sfoggiavano gonne a righe, vestiti scuri e fazzoletti legati sotto il mento. Tuttavia, ciò che colpì di più il critico fu la moltitudine di mendicanti, la maggior parte dei quali sedeva sulle ampie lastre di pietra chiedendo l’elemosina. (Anche oggi, ogni 30 metri c’è sempre un questuante!)

Müntz, consultando il “Dizionario Corografico” di Amati, lesse che Arezzo, con una popolazione di circa 11.000 abitanti, destinava un reddito di 145.000 franchi per la pubblica assistenza, di cui circa 19.000 franchi andavano alla cassa dei mendicanti, ovvero il 12%. Una cifra notevole, che non gli spiegava però come mai l’accattonaggio non fosse stato eliminato in città. (Se dai da mangiare a chi ha fame, avrà sempre più fame?)

Infine, si trovò di fronte all’enigmatica Chiesa di Santa Maria della Pieve e, di fronte, al Palazzo Pretorio, che all’epoca era stato trasformato in prigione…
(Continua).

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Cesare Fracassi
Cesare Fracassi
Nato ad Arezzo nel 1946, in via Crispi 66, al suono della prima sirena del Fabbricone. Frequentò le elementari a Sant'Agnese, una scuola di vita e di battaglie. Dopo le medie, proseguì con il liceo classico e intraprese studi di medicina e giurisprudenza, completando tutti gli esami di quest'ultima. Calciatore dilettante, fondatore della squadra Tuscar Canaglia, sciatore agonistico e presidente della FISI provinciale. Esperienze lavorative: mangimista, bancario, consulente finanziario, orafo, advisor per carte di credito, ideatore della 3/F Card, registrata presso la SIAE (sezione Olaf n°1699 del 13/4/2000) con il titolo "Global System", agricoltore e, ora, pensionato.

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