“Da tempo rifletto su una delle grandi contraddizioni della vita: la violenza. Viviamo in un mondo in cui, da una parte, ci viene insegnato il valore della pace, della compassione e della non-violenza, ma dall’altra parte la stessa vita sembra costruita su un ciclo crudele di sopravvivenza, dove il forte schiaccia il debole, e per vivere dobbiamo spesso uccidere.
Guardiamo alla natura: un orso che caccia un salmone che squarta in più pezzi ancora vivo, un falco che piomba su un piccolo uccello ignaro. È il ciclo della vita, ci viene detto! Ma come possiamo conciliare tutto questo con i valori che ci chiedono di professare. Fin dalla nostra infanzia, siamo educati a credere che la vita sia sacra e che il dolore debba essere evitato. Ricordo che già da piccola trovavo insopportabile guardare documentari sulla natura, e ancora oggi, da adulta, provo lo stesso disagio. Continuo a chiedermi come sia possibile che questo sia il modo in cui il nostro mondo funziona.
E non è solo nella natura che troviamo questa contraddizione. Basta guardare alla nostra storia. Le guerre, la violenza, la prevaricazione hanno sempre fatto parte della nostra realtà, fin dai tempi più antichi. Ma c’è un’altra cosa che mi lascia perplessa: la Chiesa, con la sua scia di sangue. La storia ci racconta di Papi che predicavano pace e amore, ma che allo stesso tempo praticavano lussuria e misfatti. E mi chiedo da sempre: qual è stato lo switch che ha portato la Chiesa a fare marcia indietro? Chi è stato a dire: “Basta alle atrocità in nome di Dio”? Quale mano ha guidato questo cambiamento apparente? Perché, mentre oggi si predica la non-violenza, per secoli la violenza è stata giustificata e praticata proprio dai rappresentanti di Dio sulla Terra. E non parliamo solo della Chiesa Cattolica: in nome di Dio, tutte le religioni hanno ucciso più delle guerre economiche. Questo è un peso che non possiamo dimenticare.
La famosa metafora della gazzella e del leone ci racconta che ogni giorno, all’alba, la gazzella deve correre più veloce del leone per non essere mangiata, e il leone deve correre più veloce della gazzella per non morire di fame. Ma che vita è questa? È davvero così che dobbiamo vivere?
E mentre parliamo, il pianeta stesso sembra urlare nel silenzio. Cambiamenti climatici, devastazioni ambientali, intere specie che vengono sterminate. E non c’è luce in fondo al tunnel. Non si tratta solo di singoli casi, come la decisione di uccidere 200 elefanti a causa della siccità e della carestia in Africa, ma di una deriva globale. Uccidiamo per sopravvivere, distruggiamo per esistere, senza nemmeno renderci conto che stiamo sradicando ogni possibilità di futuro. Gli elefanti non sono milioni, ma a chi importa? Non c’è acqua, non c’è cibo, e la risposta sembra essere sempre la stessa: morte e distruzione, in nome della sopravvivenza.
Non c’è una speranza da offrire, perché siamo troppo addormentati per coglierla. Le nostre azioni parlano chiaro. Ogni giorno dimostriamo quanto poco valore diamo alla vita, sia animale che umana. Siamo, da sempre, un “pianeta di pazzi”, e a volte mi viene davvero da dire: “Fermate il mondo … voglio scendere!” * S.S.C.”