La Manovella
Ruth: “Ora che fai?! Zazzichi con la spina coassiale del trafer?”
Ugo: “Non lo vedi?! Sto inserendo la manovella e cerco manualmente di far tornare indietro i due citti!”
Ruth: “Chiama Aloe, che è la più forte di tutti noi. Che giri lei!”
Ugo: “Aloe, Aloe! Vieni qui, con quelle braccia duttili gira veloce!”
Aloe: “Giro, giro, giro… Aaah! Mi è venuto un crampo!”
Cerase: “Maremma, dove siamo finiti!? Non c’è più Desmo, né Bono, né Uhli!”
Lyn: “Non lo vedi che siamo ai tempi degli Etruschi? Guarda, c’è la Chimera qui a San Lorentino!” Continua a leggere
Cerase: “Cos’è questo mezzo leone, capra e serpente?”
Lyn: “Il magister ci ha detto che rappresenta il ciclo della vita, un’utopia dell’esistenza. Persino la lupa di Roma, che allatta i gemelli, è etrusca!”
Cerase: “Utopia?!”
Lyn: “È il concetto di un ideale o di un’aspirazione che spinge, ma che mai si realizza nella pratica… capito?”
Cerase: “No!”
Lyn: “Noi siamo figli di bricieautonome e uomini di diverse misure. Per questo, gli scienziati pensarono di creare automi femminili che dessero piacere e servizi al sesso maschile, delle compagne perfette. Anche se, a volte, rompono gli zibidei!”
Cerase: “E noi che pesci siamo?”
Lyn: “Siamo uomini e donne, ma con alcune caratteristiche delle bricieautonome, come gli arti duttili e altre cose. Ecco una donna, chiediamo cosa possiamo fare… Scusi, noi siamo stati traventati in questo tempo. Lui è mio fratello Cerase, e noi siamo sperduti.”
L’Etrusca: “Parla pure in aretino, che ti capisco bene! Abbiamo inventato questa lingua e scrittura perché siamo un misto di razze. Cosa vi serve? Un alloggio? Ve lo offro io. Il mio nome è Lucreise, moglie dell’affitta carri.”
Lucreise, Moglie di Frisio l’Affittacarri
Lucreise, la donna etrusca, accompagna i due ragazzi nella sua casa situata sotto quella che oggi è San Gimignano. Dopo aver fatto sistemare Lyn e Cerase, continua a illustrare il periodo in cui erano stati traventati.
Lucreise era formosa, con i capelli biondi raccolti in una crocchia alta, quasi da cardinale con il cappello cerimoniale. I suoi occhi erano marroni intensi, aveva una presenza giunonica ma non grassa. Indossava una collana a maglie russe e tre bracciali d’oro per ciascun polso, con un anello a meridiana di legno il cui perno centrale poteva anche servire come arma di difesa, realizzato da Roloxeise, un famoso artigiano delle Tarchie (oltre Poti).Continua a leggere
Lucreise: “Accomodatevi su queste ottomane,” disse, indicando una sorta di letti-divani.
Ricordo che la zia della mia ex moglie, quando dormivo da lei, mi faceva sempre accomodare su un’ottomana. Viveva al secondo piano del Corso Italia, vicino alla Pieve. Ex venditrice di cappelli, mi comprò il mio primo cappellino per la quinta elementare. Era una donna bassa, con un naso dantesco, ma scaltra e affabile. A più di settant’anni si presentò per un posto di cassiera al supermercato Santaprisca, il primo di Arezzo.
Entrai nel negozio con mia madre. Seduta sul bancone, c’era una bambina di sei anni con i ricci neri e uno sguardo canzonatorio. Non vidi nemmeno il cappellino che mi avevano comprato, tanto volevo uscire di lì… Ma torniamo a Cerase e Lyn.
Lucreise: “Accomodatevi, mentre mio marito Frisio sta per tornare.”
Frisio: “Cara, fammi subito qualcosa da mangiare! Ho un carro da riparare. Quel concessionario di Chiusi mi ha rifilato un baroccio che è un disastro! Ma chi sono questi due citti?”
Lucreise: “Li ho trovati a Porta Buia, non sapevano dove andare, così li ho portati a casa. Dicono di venire da un tempo lontano, futuro.”
Cerase: “Io sono Cerase, figlio di Ugo e Ruth. Ho sentito parlare di carri e barocci, e conosco la differenza! Me l’ha insegnata mia sorella Lyn, che è qui. I carri sono trainati dai buoi, mentre i barocci da un solo cavallo. Inoltre, il carro ha un timone unico, mentre il baroccio ha due staffe!”
Frisio: “Questo citto non è un bischero! Con un solo animale si risparmia, e trasporta comunque la roba!”