“Cerro, una piccola frazione di Laveno situata sulla “sponda magra” del Lago Maggiore, è un gioiello nascosto che incanta per la sua semplicità e la bellezza naturale. A differenza di località più conosciute come Laveno, Intra o Stresa, Cerro mantiene un fascino tranquillo e discreto, dove il tempo sembra essersi fermato.
Il panorama che si può ammirare da questo incantevole luogo è particolarmente piacevole: in un unico abbraccio si erge, a sinistra, il Monte Mottarone, mentre al centro del paesaggio spicca una vetta che, da sempre, chiamo affettuosamente “la mammella” per la sua conformazione, un riferimento alla cima del Monte Rosa, una delle vette più alte delle Alpi, che in passato era sempre innevata, anche un poco d’estate, ora invece solo d’inverno purtroppo, ma la sua presenza maestosa continua a dominare lo skyline.
A destra, si trovano i “Pizzoni di Laveno” e il “Monte Nudo” completando così il magnifico scenario naturale. Un bellissimo, armonioso “colpo d’occhio”.
Proprio di fronte a Cerro, si trovano le tre celebri Isole Borromee, meraviglie artistiche, storiche e nel contempo naturali, apprezzate da visitatori di tutto il mondo. Tra tutte, l’Isola Bella è una delle più affascinanti, con i suoi giardini e il palazzo che sembra un vascello posato sull’acqua. Tutte e tre sono ancora oggi proprietà della famiglia Borromeo. Una curiosità: chi pesca in tutto il lago deve pagare una tassa istituita nel medioevo, ancora vigente, alla famiglia proprietaria delle isole.
Il piccolo porticciolo di Cerro è una delle sue perle, situato accanto al bar “Croce Bianca” e all’albergo “La Dama del Porto”. È un porticciolo che può ospitare circa 10 barche al massimo e crea un’atmosfera intima, con lo sfondo del panorama appena descritto. Mio marito, uomo dalle molteplici passioni, oltre a guidare l’aliante, a volte, navigava in questo lago, con la sua barca a vela Meteor e utilizzava spesso questo porticciolo. La sua barca, dotata di chiglia, ci creava a volte problemi, tanto che venivamo chiamati, a volte, anche nel “cuore della notte” per trainarla in secca. Alla fine decidemmo di disfarcene, poiché non riuscivamo mai a essere presenti quando era necessario risiedendo a Milano.
Fino a poco tempo fa, accanto alle barche a vela, rimaneva spesso attraccata una “Lucia”, una barca tipica dei tempi dei Promessi Sposi. Ricordo il matrimonio della figlia della stilista Raffaella Curiel, mia vicina di casa, che giunse alla cerimonia proprio su una “Lucia”, indossando un abito in stile d’epoca. La visione d’insieme fu straordinaria, con gli invitati elegantissimi, le signore indossavano dei cappelli inusuali, sembrava di assistere a un evento stile “Ascott”. Raffaella Curiel, ora deceduta, era famosa per aver creato abiti per la Scala di Milano e per i suoi costumi d’opera.
È storia che anche Alessandro Manzoni soggiornò a lungo a Cerro, nella casa vicino alla chiesa, dove ora c’è una eccezionale gelateria. Una “leggenda metropolitana” invece narra che proprio qui scrisse le prime quattro pagine dei “Promessi Sposi”. Due targhe commemorative ricordano, sia il suo soggiorno, sia che Cerro, nel 1800, era sotto la giurisdizione di Como, non di Varese e da qui si capisce perché cominciò così il libro: “ “Quel ramo de lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e….”
Di fronte al porto si trova la storica sede della Cerro Sportiva, fondata nel 1919, che rappresenta un altro cuore pulsante del borgo. La società, dedita al canottaggio a “sedile fisso”, ha ottenuto numerosi titoli nazionali e internazionali. Tra i tanti successi, nel “Meeting Giovanile di Corgeno” del 2020, ha conquistato 3 ori, 2 argenti e 2 bronzi, dimostrando l’impegno e il talento degli atleti e degli allenatori.
Per anni, due oche sono state le mascotte di Cerro. Dopo un temporale, il maschio morì, e l’oca femmina rimase sola e malinconica per lungo tempo. Nonostante i vari tentativi di farle accettare nuovi compagni, li rifiutava tutti, finché trovò quello giusto. Per un po’, vissero insieme, ma le oche diventarono dispettose e aggressive. Solo un uomo riusciva ad avvicinarle, probabilmente perché le nutriva, ma erano pericolose, il timore era per i bambini, tentavano di mordere persino le ruote delle auto ferme alla sbarra bianca del centro storico. Alla fine, le oche scomparvero, forse allontanate per la loro aggressività. Non si sa chi prese questa decisione. Un po’ ci mancano. Rimangono i cigni e le anatre. Altra caratteristica di questo luogo ameno sono i maestosi platani che costeggiano da decenni il lungolago e la piazza. Simbolo di Cerro! Non posso immaginare il luogo senza la loro presenza. Spero resistano ancora per molto tempo!
Nel 2017, Cerro ha fatto da sfondo al cortometraggio “Judith & Holofernes”, diretto dal regista Oscar Turri. Il film, ambientato negli anni ’40 sulle sponde del Lago Maggiore, ha ricevuto riconoscimenti internazionali, vincendo il “Los Angeles Film Award” nel 2018.
Un altro tesoro di Cerro è il chiostro all’interno del Palazzo Perabò, che ospita il Museo Internazionale del “Design Ceramico”. Questo museo racconta la grande tradizione ceramica di Laveno, dove si produceva la famosa “Richard Ginori”. Il chiostro, oltre a custodire la storia della ceramica, è anche sede di eventi culturali e concerti.
Cerro nasconde inoltre un altro segreto: un grande parco privato dietro a un imponente cancello che, al momento, non è aperto al pubblico. Nei miei sogni, spero che un giorno questo parco possa essere donato alla comunità, diventando un meraviglioso spazio verde accessibile a tutti.
Il mio legame personale con Cerro: Il nido d’aquila
Per oltre 50 anni, Cerro di Laveno è stato il mio rifugio, il mio “nido d’aquila”. La mia casa è situata nel punto più alto del centro storico, con una vista impareggiabile sul lago. Sebbene vicina all’acqua, la sua elevazione mi fa sentire sospesa tra cielo e lago, un contrasto che rende questo luogo il mio preferito.
Mio marito scoprì Cerro per caso, mentre pilotava il suo aliante al Campo dei Fiori. Tornando spesso esausto a Milano, decise di trovare una piccola casa per riposarsi. La acquistò in una giornata nebbiosa, senza sapere di aver scelto uno dei panorami più belli. Quando tornò per arredarla, si rese conto della sua fortuna. Dopo avermi conosciuta, ci trascorremmo la nostra prima giornata insieme, e da allora Cerro è rimasto nel mio cuore.
La casa, inizialmente di 33 metri quadrati, fu ampliata quando la nostra famiglia crebbe con l’arrivo dei tre figli. Comprammo il piano superiore, ottenendo una vista ancora più spettacolare. Recentemente, ho restaurato la casa: il piano superiore è stato attrezzato su mio progetto, come un grande camper, funzionale e organizzato al centimetro, mentre mio marito ha preferito mantenere il piano inferiore più semplice e spartano, riflettendo le nostre personalità diverse.
Uno dei miei ricordi più preziosi è legato a un cigno bianco. Mentre mangiavo un dolcetto, seduta su una panchina, un cigno, da dietro, mi toccò la spalla con il becco, quasi a chiedermi un pezzo del mio spuntino. Anche se so che non si dovrebbero nutrire gli animali, gli diedi un piccolo pezzo di dolce, e nascosi velocemente il rimanente. Sorprendentemente, subito dopo, si accoccolò ai miei piedi.
Dopo averlo accarezzato, vissi un momento indimenticabile, simile a quello che provai quando un delfino mi baciò sulla bocca all’hotel Atlantis di Dubai, istante memorabile di cui conservo una foto eccezionale. Rimasi ferma e muta per più di mezz’ora, ai passanti facevo segno con il dito sul naso di fare silenzio e loro sorridevano a tal vista…lo accarezzai, lo accarezzai tantissimo, sentivo la dolcezza delle sue piume, erano di un candido abbagliante, e il calore che emanava il suo corpo sotto di esse ancora mi pare di sentirlo, poi ricevetti una chiamata dal mio consorte e lasciai quella meraviglia della natura a continuare il suo riposo.
Infine, una nota divertente: Renato Pozzetto, che vive nelle vicinanze, spesso scherza sul fatto che nelle famiglie e nei ristoranti locali c’è una tradizione culinaria, che si perpetua, ben precisa: “quella di non saper cucinare!”😂.Secondo lui, uno dei pochi piatti apprezzabili è il pesce lavarello, e questa mancanza di prelibatezze è stata spesso motivo di battute.
Nonostante la sua semplicità, Cerro di Laveno è per me un luogo dell’anima. Ogni angolo custodisce ricordi preziosi, ci ho cresciuto i miei figli per tanti anni nel tempo libero, e qui, tra lago e montagne, ho trovato un rifugio che ha saputo accogliere i momenti più significativi della mia vita. Un luogo speciale che, senza clamore, sa toccare il cuore”. * S.S.C.