Il miracolo avvenne il 15 febbraio 1796, quando Arezzo ancora conservava alcuni angoli pittoreschi e suggestivi del suo passato medievale.
Tuttavia, gran parte della città era stata deturpata durante il dominio dei Medici: le torri delle famiglie nobili, la Torre Rossa del Comune e persino il castello furono distrutti per far posto alla fortezza di San Gallo (costruita da Antonio e Giuliano de’ Medici tra il 1538 e il 1560).
Questa imponente struttura fu eretta per eliminare qualsiasi impedimento al controllo della città e garantire un eventuale tiro di cannone contro gli aretini in caso di ribellione.
Cosimo I de’ Medici, forse invidioso delle bellezze di Arezzo, ordinò la distruzione delle venti torri che ornavano la grande piazza di fronte al Comune, nota per essere il punto di arrivo del Palio, una corsa di cavalli senza fantino che cambiava percorso ogni anno.
La corsa si concludeva presso la Torre Rossa, mentre altre competizioni, come giostre e battaglie simulate, si svolgevano in Piazza Grande e in Via della Minerva.
Fin dall’epoca romana, Arezzo era stata teatro di giochi e corse che si svolgevano lungo il percorso del Lucumone, così come delle naumachie all’anfiteatro, la cui condotta idrica si estendeva dall’invaso di Via del Ninfeo, rinvenuta nelle fondamenta di un palazzo in Via Crispi nel 1954.
Il travertino dell’anfiteatro fu smantellato e utilizzato per la costruzione di palazzi, persino a Firenze, e il celebre bronzo della Chimera fu trafugato.
L’ira contro Cosimo I per quanto fatto ad Arezzo si riflette persino nei mali fisici che lo afflissero, considerati un castigo insufficiente per la sua opera di distruzione.
Nel 1799, Napoleone Bonaparte invase la Toscana, e il Granduca Leopoldo si rifugiò presso i suoi parenti a Vienna.
Tuttavia, il popolo e il clero adottarono un atteggiamento profondamente antifrancese, opponendosi ai sostenitori dei giacobini.
La mattina del 6 maggio 1799, una folla di contadini della Valdichiana, armati di forche, bastoni e altri strumenti, si mobilitò per espellere la guarnigione francese e punire i giacobini di Arezzo.
Guidati da Alessandra Mari, marciarono su Firenze, mentre altre città, come Orvieto, Foligno e Livorno, si ribellarono.
Al grido di “Viva Maria”, il movimento insurrezionale si diffuse rapidamente, culminando anche nel tragico massacro di ebrei a Siena. Tuttavia, il governo granducale fu restaurato, e per placare gli animi fu deciso di erigere una cappella in ricordo del miracolo avvenuto tre anni prima.
Così nacque la Cappella della Madonna del Conforto, simbolo di fede e speranza per gli aretini in un periodo di grandi tumulti.