Con la fine dell’era dei ghibellini ad Arezzo, Sansepolcro, una cittadina nella Valtiberina, divenne un terreno di contesa tra i Visconti di Milano, Firenze e il Papato.
Questa lotta di potere, che affonda le radici nel Medioevo, segnò profondamente la storia del borgo biturgense.
Risalendo indietro di sei secoli, Sansepolcro fu scelto da due monaci pellegrini, Egidio e Arcadio, che di ritorno dalla Terra Santa, decisero di depositare e conservare proprio qui le preziose reliquie del Santo Sepolcro.
Questo atto sacro fece della cittadina un luogo di grande importanza religiosa, ma anche un obiettivo ambito da vari ordini religiosi, come i Camaldolesi e i Benedettini, e da fazioni politiche rivali, i Guelfi e i Ghibellini.
All’inizio del XV secolo, nel contesto della guerra tra Milano e Venezia, Firenze e il Papato si allearono con la Serenissima contro l’esercito dei Visconti di Milano, guidato da Niccolò Piccinino.
Questa coalizione culminò nella famosa Battaglia di Anghiari del 1440, in cui i Visconti subirono una sconfitta decisiva, con circa 900 morti.
Questo evento ebbe una risonanza tale che, sessant’anni dopo, nel periodo della Repubblica Fiorentina, furono incaricati Michelangelo Buonarroti e Leonardo da Vinci di decorare la grande sala del Palazzo Vecchio a Firenze.
Curiosamente, Michelangelo, originario di Caprese, fu assegnato alla Battaglia di Cascina, mentre Leonardo, più vicino a Vinci, si dedicò alla Battaglia di Anghiari.
Tuttavia, l’opera di Leonardo rimase incompiuta: solo un disegno murario, mai dipinto, il cui cartone andò perduto nel 1600, ci è stato tramandato, in parte, grazie a copie di artisti come Rubens.
Il disegno rappresentava la lotta feroce per la conquista del vessillo nemico, simbolo della vittoria, con guerrieri e cavalli raffigurati in una scena di irrazionalità e follia bellica. Leonardo aveva concepito l’opera utilizzando la tecnica dell’encausto, che prevedeva l’uso di colori ad olio riscaldati, un metodo che, però, si rivelò inadatto per opere di grandi dimensioni.
Oggi, parte di quell’opera è nascosta dall’affresco realizzato successivamente dal Vasari, ma il ricordo di quella battaglia e di quegli anni tumultuosi rimane un capitolo affascinante della storia della Valtiberina.