Come il babbo di Pietro l’Aretino prima di partire come combattemte di ventura, faceva gli zoccoli di legno a intere famiglie di contadini ( siamo nei primi anni del 1500), e qui è necessario sfatare le dicerie di storici, circa l’educazione fi Pietro figlio di Margherita Bonci e Luca Del Tura.
Margherita Bonci, una delle più belle donne della Toscana, era una modella ambita da i più noti pittori del tempo aveva due figlie e Pietro, quando il marito se ne andò di casa.
Luca Del Tura, calzolaio, un uomo alto atletico e rinomato per le sue doti di donnaiolo, infatti quando andava per le campagne ” faceva le scarpe a molti cornuti contadini”.
Madre modella, padre libertino, e spesso fuori casa, e ecco il terzo, il nobile Luigino Bacci, appartenente ad una delle più facoltose famiglie aretine, antichi artigiani tessili, poi divenuti anche commercianti, provenienti da Pieve Sietina, nobilitati dai Fiorentini con cui avevano commerci continui, costui entra di testa e di baffetti e pizzettino, tra le membra della accondiscendente Bonci.
Che educazione poteva avere Pietro!??
Alcuni dicono che in una famiglia così era una naturale conseguenza che lui scrivesse versi così licenziosi, ma non è vero!
Andato via di casa Luca, il padre, come cavaliere di ventura, Margherita entrò nella casa dei Bacci e le due sorelliine e lo stesso Pietro furono affigliolati dalla famiglia Bacci, istruzione di livello nobiliare tanto che a diciotto anni veniva invitato da famiglie e circoli importanti di Perugia e in altre città d’ Italia, riammesso e perdonato solo quando fu preso dalla protezione di una famiglia senese molto vicina al Papa, che lo aveva scomunicato per la sua licenziosita’.
Che centrano, vi domanderete, i piedi scalzi!??
Una volta vi era un contadino molto avaro ( aneddoto toscano) che dicesi avrebbe trattenuto anche tutta l’acqua che sarebbe potuta venire “giue” per interi tre giorni, che inoltre non andava mai a dormire nel letto per non consumare le lenzuola o sporcarle; ebbene una volta vestito a festa e con le scarpe tornando dalla messa, se le tolse e tenendole in mano torno’ a casa, ma un sasso appuntito gli spaccò l’ alluce e allora!??
Era verso la fine degli anni 50 del secolo scorso, quando decidemmo con altri 3 amici di andare a fare il bagno alla piscina di Sinalunga, di cui avevamo sentito parlare, ma dove nessuno di noi dodicenni era mai stato,
Prendemmo il trenino della linea ferroviaria dell’ omonima “Sinalunga”, con le nostre cartelle da scuola ormai terminata da qualche giorno, riempite di fette di pane con casereccio companatico, ma la piscina era ancora chiusa e senza acqua, decidemmo quindi di proseguire per la campagna e fare il nostro bel picnic nei campi.
Un pozzo in mezzo ad un campo e sotto un testucchio nel campo accanto ci mettemmo a pranzare, due bottiglie d’acqua della fonte Abetina di Poti, ben presto la prima si fece fuori e Virginio ritornando dal pozzo per saltare il fosso gli scivolo’ di mano, una di queste riempita, e si ruppe nel greppo, io ero con gli zoccoli da mare un paio di calzoni grigi diventati marroni, corti, bretelle e camiciola bianca grigia, ritornando verso la strada asfaltata nel saltare il fosso che divideva i due campi, mi si spostò lateralmente lo zoccolo e il mio tallone con forza si piantò nel vetro della bottiglia rotta prima.
Eravamo a circa tre chilometri fuori da Sinalunga per la strada che poi si ricongiunge a Trequanda con quella che viene da Bettolle e Torrita, perdevo molto sangue mi levai la camiciola e “inguluppai” il piede, fortunatamente passo’ uno in moto, che mi accompagno’ all’ospedale di Sinalunga, dove in una stanza chiusa da una vetrata il professore Del Corto mi dette 12 punti, senza anestesia.
Conclusione se portati bene gli zoccoli salvano i piedi!!