Elisée Reclus scrisse di Arezzo come nobile “molto decaduta” che unicamente vive solo dei “grandi ricordi e monumenti del suo passato”.
Sempre vero, nonostante una certa propaganda voglia farci credere altrimenti.
Questa è, tra molto altro, una città che sulle facciate dei suoi palazzi tiene esposte alcune lapidi mendaci, come quella relativa alla presunta nascita di Guido Monaco alla sommità di via Cesalpino.
Di queste ‘fake news’ se ne sono lamentati – inutilmente – storici come Ubaldo Pasqui e Angelo Tafi.
Ma esiste anche il contrario: non c’è mai stata (a memoria d’uomo, che, per quanto labile, ha comunque un suo rilievo) una lapide che ricordi la casa natale di Giorgio Vasari.
A rammentare il felice evento, avvenuto il 30 luglio 1511, soltanto una scritta stampata su un pezzo di cartone, collocata al civico 60 di via Mazzini da quelli di Porta Crucifera; fu questo Quartiere, infatti, a vincere in Giostra la “lancia d’oro” che ne celebrava il cinquecentenario della nascita.
Nell’animo dei quartieristi, oltre al legittimo orgoglio per aver portato nel proprio museo quella “lancia” con l’effige di uno dei ‘colcitronesi’ più illustri, sono sicuro che albergava anche, sotto traccia, la richiesta, un tantino polemica, che si provvedesse finalmente – dopo 500 anni – a ricordare con una ‘vera’ lapide la casa dove nacque il Vasari.
Ancora, dopo giusto dieci anni, la lapide di cartone quasi a dispetto resiste, mentre persiste, completa e composita, quell’ignavia che il gesto dei cruciferi intendeva superare.
“il Ciro”