C’ha messo due mesi, c’ha speso giornate che avrebbe fatto meglio a spendere per tanti aretini che prima di pensare all’Arezzo hanno da pensare a come tirare avanti la famiglia, ma alla fine l’ha capita.
Per capire che Matteoni era uno dei soliti cosiddetti imprenditori romani che arrivano ad Arezzo pensando che gli aretini abbiano l’anello al naso, per capire quanto le sparasse grosse il salvatore dell’Arezzo quando diceva che avrebbe buttato la bomba atomica sullo stadio per ricostruirlo, sempre che la squadra se lo meritasse, ha dovuto aspettare che anche questa volta non venissero pagati gli stipendi ai giocatori e che l’Arezzo finisse sull’uscio del fallimento.
Anche Ghinelli aveva creduto alla favola del fondo inglese che investiva sull’Arezzo, prima di annunciare alla stampa, come ha fatto ieri, che si sente “beffato dalla decisione di Matteoni di non pagare gli stipendi come aveva promesso”.
Lacrime di coccodrillo: lacrime di Ghinelli che solo due mesi fa, sempre con un comunicato ufficiale, diceva che dal “vertice” allo stadio tra lui e Matteoni “era emersa la volontà di Matteoni di risolvere la questione del pagamento degli stipendi, fermi già da settembre.
Un impegno che ha preso con me, pur non avendo obbligo alcuno nei confronti della squadra e della Città”.
Insomma era arrivato una specie di benefattore del calcio aretino.
E per dimostrare che le sue promesse non erano parole buttate al vento aveva portato con sé alla partita con la Carrarese un amico di fiducia, del quale non poteva non fidarsi neanche il sindaco Ghinelli. Gianni Alemanno.
Parola di sindaco di Roma. Vai a fidarti degli amici.