La Giostra è molto più di una competizione: è un’esplosione di colori, arte e tradizione che attraversa le strade medievali della città per culminare nella Grande Piazza. Lì, in pochi secondi per ogni rione, si gioca tutto: abilità, precisione, coraggio. È in quell’istante che cavallo e cavaliere si fondono in un solo respiro, in un’armonia perfetta tesa verso la vittoria.
Ogni aretino doc ha il proprio rione nel cuore, un personaggio nobile da sostenere con passione. Un tempo, la Giostra era una vera festa popolare che univa casati e cittadini, permettendo alle famiglie più influenti della provincia di incontrarsi e sfidarsi in nome dell’onore. Nei dintorni della città si organizzavano giostre minori, campi d’allenamento che mantenevano viva la tradizione e lo spirito cavalleresco.
Era una lotta, sì, ma animata da uno spirito comune, da un senso d’appartenenza che aveva riportato Arezzo al suo antico splendore. Finché, come spesso accade nella storia, le divisioni politiche, gli interessi e i privilegi spezzarono quell’unità, indebolendo la forza di un popolo.
Ma ieri sera, negli spareggi finali, in ogni colpo andato a segno o mancato, ho rivisto quello spirito. Ogni rione, a suo modo, ha vinto. Ogni rione merita applausi e rispetto. Perché ieri, oltre al risultato, ha trionfato l’identità aretina.
Siamo aretini d’Arezzo: botoli ringhiosi, sì, ma fieri. E temuti da tutti!
Ma basta con queste fanfaluche…l identita’ aretina…fieri…temuti da tutti.
La verita’ e’ che il mondo, l ‘ Italia e la citta’ sono alle prese con grandissime crisi e grandissimi problemi e ” il sistema” ha vinto. Ormai il cittadino e’ in una gabbia, la sua identita’ principale, la sua essenza, e’ quella di soggetto consumatore. Per il resto e’ spinto a dedicare il suo “pathos” alle cazzate…i grandi fratelli…Sanremo…..le partite e le giostre del saracino alcoliche. Contenti voi…
Bisognerebbe imparare dal connubio tra cavaliere e cavallo, per risolvere qualsiasi problema anche attuale, è l’unità di intenti che permette di fare il cinque, e finché non si parlino gli opposti, nulla puo essere risolvibile o superabile, bisognerebbe abbandonare i propri dogmi, e dirsi quello che serve per il bene comune. In conclusione partiano dalla coppia per poi allargare e intersecare gli insiemi opposti e giungeremo ad un sovrainsieme multiforme, ma senza contrasti!!
Dopo la retorica dell’identità aretina, degli aretini fieri e temuti da tutti, ci mancava il rinsoprello del connubio tra cavaliere e cavallo e dell’unità d’intenti per il “gimme five”, condito con tanto di supercazzola. Si potrebbe dire che ci sono cavalli che sabotano mirando all’uno o performando la carriera lenta, sono i più poetici, il loro modello è Ronzinante con Don Quichote.
Bisognerebbe fondare il “Comitato per l’abolizione della Giostra del Saracino”, non per abolirla seriamente, ma a perculamento di tutti i “maggiorenti” della giostra tutti compresi nel loro ruolo, del giornalismo entusiasta e innocuo sulle problematiche cittadine; per mettere una pulce nell’orecchio dei tanti giovani( e meno giovani) a cui è proposto un certo modello di amore per la città. Che poi la fiera identità aretina estiva d’inverno diventa tirolese.
Lei dice alcune verità …Ma!….essendo stato colpito dal Mazzafrusto , perso la Lancia e non avendo Santi in Paradiso ..etc..etc