La natura ringrazia, i cittadini un po’ meno.
Dopo mesi – anzi, ere geologiche – di richieste, appelli accorati, articoli indignati, lettere, e probabilmente anche qualche danza della pioggia al contrario, finalmente l’erba di Villa Severi è stata tagliata. Ebbene sì: le giungle urbane hanno perso. Il machete del Comune ha vinto.
Peccato che il lieto evento abbia avuto come epilogo non il decoro urbano, ma una nuova versione del celebre gioco “Indovina dove finisce l’erba!”. Spoiler: non nei sacchi per lo smaltimento. Secondo quanto documentato con solerzia e senso civico da Bruna Benci, la maggior parte dello sfalcio è finita direttamente nei canali di scolo che alimentano il laghetto del parco. Una scelta, ci permettiamo di dire, audace: perché intasare direttamente le caditoie è un modo come un altro per tornare presto a parlare di esondazioni, zanzare in versione Godzilla e odori che neanche a Chernobyl.
Ma non finisce qui. Perché l’opera di “riqualificazione selettiva” ha anche portato alla luce – nel senso letterale del termine – alcuni tombini senza copertura. Sì, proprio così: vere e proprie trappole disseminate nel verde, pronte a risucchiare il primo malcapitato che si azzarda a fare jogging con lo sguardo rivolto in avanti invece che a terra come un rabdomante.
Certo, potremmo accontentarci. D’altronde l’erba è stata tagliata, no? È il pensiero che conta. Come quando ricevi un regalo impacchettato male, rotto e con dentro le batterie scariche. L’intenzione c’era. Forse. Ma il risultato… beh, quello è sotto gli occhi di tutti. E anche sotto i piedi, potenzialmente dentro un tombino.
E allora grazie. Grazie davvero a chi ha reso possibile questo piccolo miracolo amministrativo, che ci ricorda che in fondo ad Arezzo il verde pubblico non è mai stato così… avventuroso.