Nel 1561, Cosimo I de’ Medici decise di dare un nuovo volto rinascimentale ad Arezzo, distruggendo la storica cittadella vescovile del Pionta. Quest’area ospitava due grandi conventi ed era stata sede dell’antica Università di Arezzo, la seconda in Europa e la terza nel mondo occidentale (dopo la prima fondata in Marocco). Oltre a questo, Cosimo I ordinò la costruzione di nuove mura e affidò al Sangallo l’edificazione della Fortezza Medicea.
Fu un’opera di abbellimento o di controllo? La demolizione di ben 14 torri, simbolo delle più antiche e potenti famiglie aretine, così come la distruzione della Torre Rossa (di colore amaranto, costruita con l’antica tecnica aretina dell’argilla cotta), evidenziano l’intento politico di Cosimo I: controllare la città dall’alto della Fortezza. Arezzo, infatti, fin dall’epoca medievale, era stata un’acerrima nemica di Firenze, dominata dalla fazione guelfa.
Curiosamente, Giorgio Vasari, sebbene fosse stato vicino a Ippolito e Alessandro de’ Medici, non aveva mai ricevuto incarichi importanti dalla potente famiglia fiorentina. Nel 1550 inviò a Cosimo I la prima edizione delle Vite, scusandosi per le sue precedenti amicizie veneziane e i suoi legami con il Farnese e il banchiere Altoviti. Tuttavia, solo dopo la battaglia di Marciano della Chiana nel 1554 – in cui le forze aretine e fiorentine sconfissero quelle senesi guidate da Piero Strozzi, storico nemico dei Medici – il Vasari riuscì a entrare nelle grazie del duca.
Dopo la distruzione del Pionta, che aveva creato malcontento tra la popolazione aretina, Cosimo I incaricò proprio il Vasari di progettare le Logge di Piazza Grande. Quest’opera, ancora oggi simbolo dell’architettura neoclassica, rappresenta un capolavoro degno di stare alla pari con le realizzazioni di Brunelleschi.