Pochi sanno che il Papa che morì ad Arezzo nel 1275 era un grande moralista. Aveva partecipato come cappellano alla V Crociata in Terra Santa, con Edoardo d’Inghilterra, e proprio lì ricevette la notizia di essere stato candidato al papato durante il conclave di Viterbo, con l’intento di risolvere i conflitti tra i D’Angiò e la Casa degli Svevia.
Ripercorrendo la carriera ecclesiastica di Tedaldo Visconti, nato a Piacenza nel 1210, si scopre che a 26 anni divenne collaboratore del Cardinale Pecorara. Nel 1248 fu inviato a Parigi e, nel 1252, si trasferì a Liegi, dove divenne Arcidiacono sotto il Vescovo Enrico Gheldria, un uomo dissoluto e violento.
Il fatto:
Durante una passeggiata con il Vescovo, l’Arcidiacono si trovò a fronteggiare l’assalto di un cittadino che accusava Enrico di aver stuprato sua figlia minore.
-
“Mascalzone d’un prete, ora t’ammazzo dalle botte!” – gridò l’uomo.
-
“Che cavolo vuoi, pezzente che non sei altro?!” – rispose Enrico.
Nel frattempo, Tedaldo si era allontanato, ma quando l’uomo afferrò Enrico per il collo, intervenne tra i due. Nonostante ricevesse uno sganassone tra capo e collo, riuscì, seppur barcollante, a separare i due, con l’aiuto di alcuni passanti.
Visconti accompagnò il Vescovo in un luogo appartato e gli chiese delle accuse che gli erano state mosse dal padre della ragazza violentata. Come prevedibile, redarguì il Vescovo Enrico, arrivando a offenderlo. A questo punto, Gheldria si scagliò contro di lui e, per difendersi, Visconti gli sferrò un calcio nelle parti basse, con la gamba tesa. Il contraccolpo e la mancanza di allenamento causarono uno strappo inguinale, che gli impedì di andare più a cavallo e lo costrinse a camminare solo a piccoli passi. Tuttavia, non imprecò mai!