Capitolo I: il cavaliere “Pier del “Turrino”
Al seguito di Buonconte da Montefeltro si unì un nobile guardiano e signore del valico del Turrino. La sua magione si trovava poco dopo l’attuale ristorante La Giostra; la strada, dopo l’attuale galleria, si dirigeva irta verso la sommità del cucuzzolo e portava a una torre, con un annesso di tre stanze, di cui una era adibita a stalla per la sua cavallina chiamata “Farfalla”. Aveva il suo orto e due preselli esposti verso Lignano. La zona era priva di acqua, ma lui, come tutta la zona di Castel Secco, dove ormai non c’era più da secoli nessun abitante, si era adattato a raccogliere l’acqua piovana in un grande vascone, sia per i campi che per la cavalla. Per l’acqua da bere si arrangiava: ogni due giorni, con delle bisacce di pelle di ciuco, andava a prenderla a Gragnone, al fiume.
Tutto era tranquillo, fino a quando Buonconte, passando da quella via con il suo drappello di cavalieri per unirsi alle difese aretine in previsione dell’assedio di quei traditori senesi alleati con Massa, sostò per qualche giorno presso Piero. Fu quasi costretto da quell’urbinate che gli disse:
“Che ce stai a fa’ tutto solo con questa bella cavallina in questo cucuzzolo? ‘Un sai che a ‘Rezzo’ ci sono delle nardelle spettacolose e disponibili?!”Continua a leggere
E il solitario Pier, che conosceva di fama Buonconte, gli rispose:
“Io verrei volentieri, ma ho ‘sta cavalla che, a bere l’acqua piovana, ha una dissenteria continua e mi vergogno a portarla per le vie di Arezzo!”
E l’urbinate:
“Le crei dei recipienti a sacca da appendere dietro la sella, sospesi da una cintura, e a fine giornata glieli cambi!”
Piero del Turrino era stato poche volte ad Arezzo, quando ancora la sua famiglia era viva, prima che morissero tutti di diarrea. Aveva un aspetto fanciullesco, senza barba, capelli ricci e occhi vispi come una volpe a strisce. Il naso aquilino tradiva le sue antiche origini nobiliari, ma non sapeva tirar di armi. Così, in tre giorni e mezzo, i maestri gli fecero un corso accelerato, e lui si aggregò alla colonna di Buonconte, portando dietro un culaccio di salame per ogni evenienza. Lo misero però in fondo alla fila… per le flatulenze di Farfalla.
Capitolo II: “Pier del Turrino” a pranzo e Farfalla a scoppio
Arrivati ad Arezzo, ai cento cavalieri al seguito di Buonconte fu trovato alloggio presso la locanda di Tonio, “I 7 Cameroni”, famosa per i suoi piatti succulenti. Serviva pantagane in umido con contorno di missulini di campo lessi, una ricercatezza per i futuri combattenti, i quali, con una fiatata a contatto ravvicinato con il nemico, avrebbero potuto stendere una decina di fanti.
Pier, intanto, aveva già cambiato tre volte il pannolone a Farfalla e aveva finito i ricambi. Ebbe però un’idea geniale: prese una pietra e la infilò nel deretano della cavalla, turandola con pezzi esterni delle pezze usate precedentemente.Continua a leggere
La povera bestia, dopo che Pier ebbe pranzato, si gonfiò nel ventre in maniera esagerata e, all’improvviso, lasciò partire la pietra con una forza tale da diroccare un intero angolo del piano superiore della locanda di Tonio. Non solo: la seguì un lanciagettomerda che inondò la camera il cui muro era stato divelto, proprio dove erano appisolati, dopo un amplesso fugace, Cleo e Steno.
Steno era un cavaliere esperto in mazzafrusto, e Cleo lo sapeva usare benissimo, tanto che, dopo meno di due minuti, tutti deponevano le armi. A questo accadimento era presente anche Leonio, match analyst per battaglie campali, anch’egli al seguito di Buonconte.
Avevano scoperto il cannone ad aria compressa…
Ma che cavolo sto scrivendo?! Basta!!!
Ad ogni modo, era buona l’idea delle cannonate, ma il rumore era di tonalità un po’ bassa.
(È come andare a tastoni in una stanza al buio, così scrivere quello che esce da questa tastiera e andare avanti… non so che cavolata uscirà, ma ad ogni modo vado avanti!)
Capitolo III: arrivano i massanesi
Era il 1° giugno 1288. Alcune rocche e torri nella Val di Chiana – Sinalunga, Lucignano, Pozzo, Marciano – erano state conquistate in precedenza. Le truppe di quei voltagabbana, ex ghibellini e ora guelfacci, si accamparono in quelle semi-alture che vanno da Montagnano al Tegoleto. Ventisei anni prima, i cavalieri aretini erano corsi in aiuto loro, quando Firenze mosse contro la città del Palio.
Intanto Pier aveva conosciuto Ermelinda, una giovane donna di 15 anni e sette mesi, carnagione bianco latte, capelli biondi e occhi celesti come il cielo, e due pocce grosse e dure come il marmo, con un’aureola degna di Saturno. Un posteriore in cui ci si poteva apparecchiare in caso di un picnic.Continua a leggere
Dopo una corte di cinque minuti – tanto la giovane donna non aveva mai avuto uno che la corteggiasse – Steno, che si era ripulito dopo la pittura del giorno precedente, suggerì a Pier, prima di andare sulle mura a difendere Arezzo, di avere la sua prima esperienza nel sottoscala della locanda.
I due giovani a stento riuscirono ad entrare in quel pertugio, tanto che Steno dovette aiutare Ermelinda, spingendo quel comò di culo con tutte le sue forze per farla passare dalla porticina. Al buio Pier non riusciva manco a spogliarsi, ma Ermelinda, a morsi, gli strappò le vesti, e i lacci del suo corpetto, gonfio di passione, si slacciarono in modo autonomo, colpendo come frustate nel viso il sottomesso Pier, che per diversi giorni portò i segni.
Furono attimi terribili, e durarono finché lei, date le urla del povero e giovane cavaliere, non fu presa e legata per le gambe da una corda e trascinata fuori dal sottoscala dalla forza di una coppia di cavalli da tiro.
Appena si riebbe, il povero giovane raccontò ai suoi compagni che gli sembrava di essere inghiottito da sabbie mobili, come quella volta che si era addentrato nella zona dell’attuale Croce Rossa, dove a quei tempi c’era una palude impervia e piena di rane coccodrillate.
Le rane coccodrillate, oggi ormai scomparse, invece di avere una cartilagine boccale, avevano tredici denti aguzzi che potevano staccare anche le dita di una mano dell’uomo una volta addentata.
“Eccoli, eccoli!” – gridò la vedetta – “Scendono dal bivio dell’Olmo! Hanno anche tre torri d’assedio e sei catapulte!!!”
Erano i senesi con quelli di Massa.