Ero ancora fidanzato e, nello stesso tempo, era entrato nella nostra compagnia di scorribande il “Fiore”, che poi divenne mio cognato. Fiore, perché era impeccabile: piega perfetta nei pantaloni scampanati, camicia bianca iper-inamidata, cinturone, taglio di capelli perfetto e sempre sbarbato, tanto che sembrava non gli crescesse la barba. Un damerino, insomma…
La domenica ero costantemente invitato a pranzo a casa loro e, cosa più importante, avevo il diritto e il potere di scegliere il primo.
Al “Fiore” non piacevano i topini (gnocchi), mentre io ne andavo e ne vado pazzo: il piacere di pressarli sul palato con la lingua, sentirli cedere e assaporare quel nocciolo elaborato a mano dalla futura suocera era per me una grande soddisfazione e godimento. Inoltre, i sughi erano una prelibatezza tipicamente toscana.
Quella volta la suocera aveva preparato anche una nana in porchetta, cotta nel forno di una vecchia cucina economica, con quei cerchi di ferro concentrici come fornello e il serbatoio dell’acqua calda. Per tenerla al riparo dai vari animali domestici, dato che abitavano in campagna, il nanone era stato sistemato nel piccolo salottino…
Quando arrivai con la mia 500 Coupé, il più piccolo dei fratelli, di tredici anni, che già sapeva guidare il trattore e pure mi fregava la macchina per girare nell’aia, mi disse quale fosse il piatto forte: la nana.
Ci capimmo al volo ed entrammo nel piccolo salottino per assaporare un assaggino. Dall’ano estraemmo uno, due pezzetti di carne… Ancora non era uscita la messa e non avevano neppure apparecchiato. Intanto, il sugo veniva lentamente girato, e nella stufa l’acqua per la pasta doveva ancora bollire. Nel frattempo, però, la nana perdeva sempre più consistenza a causa delle nostre continue visite…
Quando ci sedemmo a tavola e furono serviti i topini, era rimasta solo la pelle, a modo di carlinga di aeroplano, con lo scheletro del buon pennuto. Del carico di passeggeri, però, non c’era più traccia: erano stati tutti “trasportati altrove”.
Di topini ne mangiai pochi, tanto che il mio suocero mi domandò se stessi male… Per tutti gli altri, che non erano stati assaggiatori di uova, non restò altro che accontentarsi. E io, per un mese, fui squalificato!