Chi è mai stato a Mafra, in Portogallo, sa che nella piazza di fronte alla chiesa e al palazzo si trovano solo un bar e, dall’altro lato, la caserma dei pompieri (bombeiros). Non c’erano alberghi né locande. Era una giornata ventosa, spazzata dal freddo alito dell’Atlantico, e il paese sembrava abbandonato. Solo nel bar trovammo gente del posto, che ci indicò un vecchio albergo dove, anni prima, i fedeli venivano a venerare un’immagine sacra che, si diceva, non faceva più miracoli. Se mai ne aveva fatti.
Scoprimmo poi che il paese si era trasferito più a valle, al riparo dietro la collina, primo baluardo contro i venti impetuosi da ovest. Grazie a un guardiano, riuscimmo a entrare nell’ex hotel abbandonato: calcinacci, polvere, vetri rotti, senza luce né acqua. Ma almeno offriva riparo. Salimmo al secondo piano, dove trovammo una rete singola quasi sfondata. Stendemmo i sacchi a pelo a mo’ di materasso: dormire a terra era impossibile per via dello spesso strato di polvere. Fortunatamente, gli scuri e i vetri della stanza erano intatti. Ci stringemmo l’uno all’altro, con nostro figlio Tommaso tra di noi. Ci addormentammo subito, vestiti e con le scarpe ancora ai piedi. Intanto, fuori, il vento soffiava così forte da sembrare portasse neve o nevischio.
Era poco più dell’una di notte. Nove anni prima, sempre con nostro figlio in mezzo a noi, allora poco più che neonato, avevamo vissuto qualcosa di inspiegabile. In un angolo della camera, vicino al soffitto, poco sopra l’armadio, era apparsa una nuvoletta. Poi, come un lampo, una vampata luminosa la avvolse e svanì nel nulla.
Non saprò mai cosa fosse stato. Un fantasma? O forse quell’angelo custode che ognuno di noi ha?
Forse ci aveva osservati, ci aveva lasciato godere nostro figlio… per poi riprenderselo sotto la sua custodia?