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Ritorno al futuro: il declino dei centri commerciali e la rinascita dei piccoli negozi

La fine di un'era per i centri commerciali e la riscoperta della vita di quartiere

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Qualche giorno fa sono ritornata al centro commerciale “Cascina Merlata Bloom”, vicino a Molino Dorino nell’hinterland milanese. Lo ricordo inaugurato con grande entusiasmo, un luogo dove fare shopping, passare il tempo libero, ristorarsi e incontrare gente. Ma questa volta la sensazione era diversa: spazi ampi e quasi vuoti, negozi chiusi o con pochi clienti, un’atmosfera che sembrava lontana da quell’idea di “ festosa passeggiata al centro commerciale” che tanti di noi conoscono.

Ho chiesto in giro, parlato con alcuni commercianti e con chi frequenta il centro. Mi hanno confermato che l’affluenza è calata drasticamente. Forse la posizione non aiuta: è poco accessibile per chi non ha un mezzo proprio, e questo scoraggia soprattutto gli anziani, che magari hanno tempo per frequentare questi luoghi ma non vogliono affrontare tragitti complicati. Alla fine, molti rinunciano come ho fatto io innumerevoli volte.

Questo mi ha fatto riflettere su quanto stia cambiando il nostro modo di vivere il commercio sopratutto dopo la nefasta chiusura per Covid. Negli Stati Uniti, il declino dei centri commerciali è ormai una realtà: molti vengono chiusi e trasformati in set cinematografici, uffici o persino abitazioni a basso costo. In Italia, il fenomeno è meno evidente poiché siamo sempre indietro di almeno 10 anni, ma sta iniziando a farsi sentire. E a cascata, ci sta portando verso un modello completamente diverso di frequentazione e acquisto.

Il ritorno dei negozi di quartiere
Mentre i centri commerciali perdono la loro attrattiva, i piccoli negozi di quartiere sembrano vivere una nuova stagione. Non parliamo di una nostalgia del passato, ma di una riscoperta di ciò che rende speciale fare acquisti vicino a casa. Nei negozi locali, trovi volti familiari, consigli personalizzati, un rapporto umano che né l’e-commerce né i grandi mall possono replicare.

Questa rinascita non è solo una questione romantica, ma anche pratica. Grazie ai social media, ai pagamenti digitali e ai servizi di consegna, i negozi di quartiere stanno dimostrando di saper innovare e adattarsi, offrendo un mix perfetto tra tradizione e modernità, umanità e anche come punti di raccolta di pacchi, per chi si sposta spesso durante il giorno, o non ha orari regolari.

Una scelta di comunità

Acquistare in un negozio sotto casa non è solo comodo: è anche un modo per sostenere l’economia locale e fare una scelta più sostenibile. Lo vedo accadere sempre più spesso: persone che preferiscono comprare da chi conoscono, consapevoli che ogni piccolo acquisto fa la differenza per una famiglia, per un quartiere, per una comunità.

E il futuro dei centri commerciali?
Che ne sarà di questi grandi spazi, con volte maestose e costi elevati di riscaldamento/ raffreddamento? In molti casi, la loro riconversione sembra essere l’unica strada. Negli Stati Uniti, alcuni sono stati trasformati in scuole, uffici o spazi abitativi. Anche in Italia, ci sono esempi di centri in declino che cercano nuove funzioni: potrebbero diventare poli culturali, centri per il coworking o persino aree residenziali. “Cascina Merlata Bloom”, come altri luoghi simili, potrebbe trasformarsi in qualcosa di diverso, più utile alle esigenze attuali.

Un cambiamento che parla di relazioni
Ciò che mi colpisce di più di questo cambiamento non è solo economico, ma umano. Stiamo riscoprendo il valore del rapporto diretto, della fiducia, del legame con il nostro territorio. I piccoli negozi non sono semplicemente un’alternativa: sono un simbolo di questa transizione verso un’economia più intima e consapevole.

Forse non è solo una questione di dove compriamo, ma di come scegliamo di vivere. La crisi dei centri commerciali ci sta mostrando che non serve andare lontano per trovare ciò che ci serve. A volte, basta una passeggiata nel proprio quartiere, un saluto a un negoziante che conosciamo da anni, e ci sentiamo di nuovo parte di qualcosa di più grande. Che ne pensi? Hai trovato già riscontro, nella tua area di residenza, di questa evoluzione?
S.S.C.

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Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari, nata a Milano nel 1955, si trasferisce a Melzo nel 1990. Membro del “GAM” dal 1997, partecipa a mostre locali esplorando diverse tecniche artistiche: ritratti a matita, dipinti a olio, sculture in argilla e quadri in resina. Ha fondato una galleria d’arte e una scuola di cake design. Il quotidiano Il Giorno ha descritto via Napoli 37 come “la Montmartre di Melzo”. Attualmente, si dedica principalmente alla scrittura.
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