Nella quiete della notte, il cuore storico di Arezzo si è trasformato in uno scenario desolante di auto rigate, scooter scaraventati a terra e rifiuti sparsi come in un caos post-apocalittico. Via Borgunto, via Pescioni e piazzetta San Niccolò, solitamente luoghi di storia e bellezza, si sono svegliate nella notte con i rumori e i segni inequivocabili di un raid vandalico.
Cosa spinge qualcuno a seminare distruzione senza motivo? Forse l’alcol, forse un vuoto interiore, forse solo una rabbia cieca che si sfoga su carrozzerie, specchietti e cestini dell’immondizia. Le immagini pubblicate su Facebook da Alessio, un residente esasperato, raccontano meglio di mille parole l’accaduto: motorini buttati sull’asfalto come giocattoli rotti, bidoni rovesciati e rifiuti gettati in mezzo alla strada. Un’esibizione di inciviltà gratuita, senza alcuna logica se non quella di lasciare il segno, un segno triste e indelebile.
La polizia, intervenuta dopo una segnalazione, ha trovato solo il “dopo”. Nessun colpevole sul posto, solo i resti della furia notturna. Gli agenti stanno esaminando i filmati delle telecamere di sorveglianza, e le prime indagini sembrano puntare a un unico responsabile, probabilmente ubriaco e in preda a deliri autodistruttivi. Ma resta una domanda: come è possibile che un solo individuo possa paralizzare con la sua follia un intero quartiere?
Quello di stanotte non è un episodio isolato. Il 4 novembre scorso, sei bidoni della raccolta differenziata vennero rovesciati in via Oberdan, e i rifiuti finirono sparsi persino nel vicino vicolo della Volta. A settembre, un gesto ancor più inquietante: un defibrillatore pubblico, strumento salvavita, venne manomesso e reso inutilizzabile fuori dalla Misericordia di via Garibaldi.
Questi atti di vandalismo non sono semplici bravate, ma veri e propri pugni in faccia alla comunità. Non si tratta solo di riparare carrozzerie o raccogliere spazzatura: si tratta di ricucire un tessuto sociale che sembra sgretolarsi sotto i colpi dell’indifferenza e della rabbia cieca.
La città non può restare in silenzio. È il momento di riflettere sul perché certi gesti si ripetano, e su come prevenirli. Più controlli? Più educazione civica? O forse una maggiore attenzione a chi vive ai margini, spesso autori di queste azioni, lasciati soli a sprofondare nella loro rabbia?
La bellezza del centro storico di Arezzo merita rispetto, non solo perché è patrimonio di tutti, ma perché rappresenta l’anima stessa di una città che non può arrendersi alla furia irrazionale di una notte qualunque. È tempo di alzare la testa e dire basta, con gesti concreti e un impegno collettivo per restituire al centro storico ciò che questi atti cercano di togliergli: dignità.
Secondo me tutto deriva dal dramma e dal vuoto esistenziale provocato dalla fine del villaggio tirolese e della casa di Babbo Natale e dall’ impossibilità per le anime più sensibili di attendere il prossimo novembre per rivedere l’Arezzo che ci piace tanto. Speriamo che quest’anno anticipino all’ottobre, come fanno i supermercati col panettone.
L’Ortica dovrebbe farsi promotrice di una petizione per far mettere nel centro storico almeno degli altoparlanti che mandano in permanenza degli jodel.
Discover Arezzo