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La solitudine: rifugio creativo o abisso dell’oblio?

La solitudine, tra ispirazione e disperazione: esplorare il confine sottile tra scelta e condanna

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La solitudine è una delle esperienze più universali e, al contempo, più polarizzanti dell’esistenza umana. Come le due facce della stessa medaglia, può rivelarsi una scelta di arricchimento personale o una condanna all’isolamento totale, portandoci a riflettere sul suo ruolo nelle nostre vite.

Da un lato, c’è chi cerca la solitudine per ritrovarsi, per creare, per attingere a quella linfa interiore che la confusione del mondo soffoca. Emily Dickinson¹, rinchiusa nella sua stanza, ha trovato nella solitudine il terreno fertile per la sua poesia immortale. Il Buddha² ha abbandonato tutto per sedersi sotto un albero in silenzio, lasciando che il vuoto gli parlasse, guidandolo verso l’illuminazione. San Francesco d’Assisi³, con il suo ritiro in preghiera e il canto alla natura, ha trovato nell’isolamento una via per scoprire Dio in ogni cosa.

Ma accanto a queste storie luminose, la solitudine ha un altro volto, più oscuro e inquietante. È quello di chi non sceglie di isolarsi, ma viene abbandonato, dimenticato. Storie strazianti ci raccontano di persone ritrovate morte nelle loro case anni dopo, mummificate nell’indifferenza altrui. In queste vicende, l’assenza degli altri si trasforma in un’assenza di sé: non silenzio, ma grido soffocato. È un’ombra che si allunga in una società sempre più connessa virtualmente, ma sempre più distante nel contatto umano reale.

Eppure, la solitudine scelta rimane un tema potente. Henry David Thoreau⁴ si ritirò nei boschi per vivere “intenzionalmente”. Sant’Antonio Abate⁵ scelse il deserto come luogo di contemplazioni e Ralph Waldo Emerson⁶ rifletté sull’introspezione per cogliere l’essenza della natura. Altri, come Friedrich Nietzsche⁷, Thomas Merton⁸ e Georgia O’Keeffe⁹, trasformarono la solitudine in un’opera d’arte o in una filosofia di vita.

Queste vite ci insegnano che la solitudine, se scelta, può diventare uno spazio sacro di creazione e scoperta. Ma l’altro volto della solitudine, quello imposto, ci ricorda l’importanza della comunità, dello sguardo che dice: “Tu esisti”.

Forse la chiave sta nel trovare equilibrio: essere soli senza sentirsi soli, e vivere con gli altri senza perdere noi stessi.

Note
¹ Emily Dickinson (1830–1886): Poetessa americana, celebre per le sue poesie intime e profonde, scritte durante una vita quasi completamente ritirata.
² Siddhartha Gautama (ca. 563–483 a.C.): Fondatore del Buddhismo, raggiunse l’illuminazione meditando in solitudine sotto un albero Bodhi.
³ San Francesco d’Assisi (1181/82–1226): Patrono d’Italia, famoso per la povertà volontaria, il rispetto per la natura e la vita contemplativa.
⁴ Henry David Thoreau (1817–1862): Scrittore americano che visse nei boschi per esplorare una vita semplice e intenzionale, autore di Walden.
⁵ Sant’Antonio Abate (251–356): Eremita egiziano e uno dei fondatori del monachesimo cristiano.
⁶ Ralph Waldo Emerson (1803–1882): Filosofo e saggista americano, uno dei principali sostenitori del trascendentalismo.
⁷ Friedrich Nietzsche (1844–1900): Filosofo tedesco che elaborò la sua visione dell’esistenza durante lunghi periodi di isolamento.
⁸ Thomas Merton (1915–1968): Monaco trappista americano e scrittore, esplorò il significato del silenzio e della spiritualità.
⁹ Georgia O’Keeffe (1887–1986): Artista americana che si isolò nei deserti del New Mexico per creare opere iconiche ispirate alla natura.
S.S.C.

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Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari
Sabina Sabrina Crivellari, nata a Milano nel 1955, si trasferisce a Melzo nel 1990. Membro del “GAM” dal 1997, partecipa a mostre locali esplorando diverse tecniche artistiche: ritratti a matita, dipinti a olio, sculture in argilla e quadri in resina. Ha fondato una galleria d’arte e una scuola di cake design. Il quotidiano Il Giorno ha descritto via Napoli 37 come “la Montmartre di Melzo”. Attualmente, si dedica principalmente alla scrittura.
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