Viviamo in una società che sembra volerci rendere sempre più individualisti, separati l’uno dall’altro, al punto da farci dimenticare i valori fondamentali che ci tengono uniti come esseri umani e come famiglie. Il principio del “divide et impera” non è solo una strategia politica dei poteri forti, ma una realtà che si insinua in ogni aspetto della nostra vita da decenni: nei rapporti tra genitori e figli, tra fratelli e persino nelle relazioni di coppia. Questa tendenza moderna a favorire l’individualismo e l’indifferenza ci rende meno empatici e, spesso, più soli, al punto che i telegiornali, di tanto in tanto, ci informano di persone ritrovate mummificate, magari in piena metropoli. Spariscono dalla nostra vita quotidiana, si pensa che si siano trasferite o che siano in viaggio, e invece…
Uno degli esempi più evidenti di questo fenomeno è, soprattutto, l’indebolimento del legame tra le generazioni. Si è persa la consapevolezza che aiutare i propri genitori, specialmente quando diventano anziani e fragili, non è solo un dovere morale, ma anche un atto d’amore che ci arricchisce profondamente. I genitori non ci hanno solo dato la vita, ma hanno sacrificato tempo, energie e risorse per farci crescere e offrirci opportunità migliori. Dobbiamo averne rispetto! Senza di loro, e senza i nostri avi, non saremmo mai esistiti. E pazienza se durante la crescita ci sono state discussioni: siamo tutti universi a sé stanti, con decenni di evoluzione diversa. È naturale che ci siano differenze! Ma l’amore e il rispetto non devono mai venire meno, così come la comunicazione. Non c’è nulla che non si possa risolvere con un buon dialogo.
Il giovane deve adoperarsi più dell’anziano, che a suo tempo si è prodigato per quel virgulto di figlio. E se quel figlio si rivela estremamente talentuoso, non gonfi il petto come un tacchino: quei doni glieli ha dati il Creatore al concepimento. La vera maturità sta nel coltivarli per il proprio bene e per quello della comunità. Perché qualsiasi ricchezza, se non condivisa, è un patrimonio sterile che lasciamo qui a persone, spesso e volentieri, inadeguate.
Dedicare tempo ai nostri genitori è il minimo che possiamo fare per onorare tutto ciò che hanno fatto per noi. Non si tratta solo di sostegno economico, ma anche di momenti condivisi, gesti di attenzione e presenza. Il tempo, più del denaro, è il dono più prezioso che possiamo offrire loro.
Ma perché la società sembra volerci allontanare da questi valori? Perché il sistema ci spinge a frammentare i legami, a credere che ogni individuo debba bastare a sé stesso, ignorando i bisogni altrui? Questa mentalità rischia di trasformarci in isole, incapaci di costruire relazioni autentiche e durature. La forza di una società non sta nell’isolamento, ma nella capacità di coltivare legami profondi e solidi, a partire dalla famiglia.
Aiutare i genitori, per chi ha ancora la fortuna di averli accanto, dovrebbe essere un gesto di grande gratitudine e amore, e non una fonte di conflitto all’interno del nuovo nucleo familiare. È fondamentale che questo sostegno avvenga con trasparenza e che si utilizzino risorse proprie, senza sottrarre ciò che è destinato alla coppia o alla famiglia. La chiave sta nel trovare un equilibrio tra il passato e il presente, tra l’onorare le radici e costruire i rami di una nuova vita.
La modernità ha introdotto concetti come la separazione dei conti e la frammentazione delle responsabilità economiche, che possono offrire autonomia, ma che rischiano anche di creare distanze emotive e pratiche nella coppia. È qui che diventa fondamentale il dialogo: discutere apertamente con il partner, spiegare il valore che ha per noi il sostegno ai genitori e trovare insieme soluzioni che rispettino entrambe le parti.
E allora, dedichiamo tempo ai nostri genitori, fermiamoci ad ascoltarli, accarezziamo le loro mani che hanno lavorato per noi, guardiamoli negli occhi per ritrovare il riflesso di chi siamo stati e di chi potremmo essere ancora. Non lasciamoci distrarre da un mondo che ci vuole soli, impegnati a rincorrere obiettivi consumistici che, se ci fermassimo a riflettere, non sono i nostri, ma che qualcuno ha scelto per noi.
Come dicevano i filosofi Socrate e Diogene di Sinope, passeggiando tra i banchi di un mercato del loro tempo – :”Di quante cose posso fare a meno!” – Diventando più maturi ci si accorgerà poi, strada facendo, che nella vita perdiamo molto tempo, e denaro, in cose che, alla fine ci saranno solo di peso. Il “canto delle sirene” irresistibile del consumismo indotto; e
non è una nostra decisione allontanarci da chi amiamo: è una manipolazione subdola, un progetto che ci rende fragili e più facili da controllare.
Riscopriamo invece il valore dei legami, che sono la nostra vera ricchezza. La comunità è forza! Restare accanto a chi ci ha dato tutto non è solo un dovere, ma un atto di ribellione contro un sistema che vorrebbe dividerci, spezzarci, renderci ciechi di fronte a ciò che conta davvero. Ogni minuto passato con loro è un gesto di resistenza, una dichiarazione d’amore che sfida il tempo e le logiche del potere. Aiutiamoli anche economicamente, quando ne hanno davvero bisogno, purché questo avvenga con le risorse proprie e non a scapito della famiglia che stiamo costruendo. Onorare le radici significa anche rispettare i rami.
Dedichiamo loro non solo il nostro tempo, ma la nostra anima. È nel calore di un abbraccio, in una risata condivisa o in una lacrima che si intreccia con la loro, che possiamo ritrovare noi stessi e riconquistare quella bellezza che il mondo tenta di farci dimenticare. Non siamo isole: siamo ponti, e questi ponti li costruiamo giorno per giorno con i fili invisibili dell’amore.
S.S.C.