Nudità europea
Fino a quando la “locomotiva” europea funzionava, l’Europa godeva di un trend positivo, trainata dalla Germania. Berlino, con una politica economica accorta e priva di sprechi, sfruttava le risorse degli altri Stati attraverso una rete di accordi bilaterali commerciali ed energetici, spesso al di fuori della regolamentazione UE.
Gli altri Paesi, privati di spazi produttivi e di un’autonomia economico-finanziaria, si trovavano relegati a un ruolo di vassallaggio, mantenuto per convenienza da élite politiche interessate alla propria permanenza al potere. L’unica eccezione era la Francia, che, forte della sua tradizione imperiale e militare, continuava a sfruttare le sue ex-colonie in Africa e gli Stati vassalli a essa vicini.
Circa 15 anni fa, il fenomeno migratorio, essenziale per sostenere il Welfare europeo, portò all’emergere di idee di integrazione, spesso impregnate di un cristianesimo idealistico e scollegato dalla realtà. Tuttavia, molti Stati, Italia in primis, non predisposero infrastrutture adeguate per gestire questi flussi migratori. Al contrario, si aprì la strada a un sistema che finì per arricchire amici, conoscenti e perfino organizzazioni criminali. Tra gli stessi immigrati si svilupparono sacche di sfruttamento.
Il primo colpo al fragile sistema europeo arrivò con la pandemia, seguita dalle scelte obbligate delle politiche green e dalle direttive UE, che incisero profondamente sia sulla Germania che sul resto dell’Unione. Sebbene i tentativi di ridurre le emissioni siano importanti, l’industrializzazione asiatica continua a raddoppiare la produzione di CO₂ ogni anno, mentre l’Europa rischia il collasso produttivo ed economico.
L’invasione russa dell’Ucraina ha ulteriormente messo a nudo le fragilità europee, svelando il volto nascosto delle politiche energetiche della Germania. Angela Merkel aveva costruito un sistema dipendente dalla Russia, e Olaf Scholz, dopo due anni, è stato costretto a cercare un accordo di pace con Putin per salvare gli interessi tedeschi.
Il caos è poi aumentato con la transizione verso l’auto elettrica, largamente prodotta in Cina, e con una gestione disorganizzata dei flussi migratori. In questo contesto, la criminalità ha trovato terreno fertile per operare indisturbata. La Brexit è stata il primo tentativo di risposta a questo declino, ma anche il Regno Unito resta legato a doppio filo con l’Europa.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sembra essere una bolla destinata ad accrescere il debito pubblico con opere spesso inutili. L’Europa continua a mancare di una vera unità, e si rischia di schiantarsi sotto la pressione degli interessi globali, con Trump e altri leader pronti a sfruttare ogni debolezza.
La Francia, rappresentata da Emmanuel Macron, sarà probabilmente il prossimo Paese a piegarsi dopo la Germania. In Italia, la sinistra si concentra su un’utopia sociale irrealistica e su politiche assistenzialistiche inefficaci. Per uscirne, servirà un cambio di rotta drastico, ma per ora sembra che l’Europa debba, metaforicamente, “tornare al cavallo” di altri tempi.