“La tragedia del crollo di una palazzina a Saviano, in provincia di Napoli, ha scosso le coscienze di molti. Due giovani vite spezzate, di quattro e sei anni, insieme alla mamma e alla nonna. Si è salvato solo il papà, sebbene in gravi condizioni, e il fratello maggiore. Una famiglia distrutta, cancellata in un attimo a causa di una fuga di gas, ha lasciato in molti di noi un vuoto che nessuna parola potrà mai colmare. Il sindaco ha proclamato il lutto cittadino. In un momento così devastante, una riflessione mi è stata condivisa: “Meglio tutti morti o tutti vivi!” – una frase che, nella sua brutalità, esprime il dolore profondo di una perdita innaturale che non si può accettare.
Di fronte a queste tragedie, mi trovo a riflettere sulla vita e sulla morte, su ciò che ci viene concesso e su ciò che ci viene tolto. I figli non sono una nostra proprietà, non possiamo trattenerli come se fossero parte indissolubile di noi. Come ha scritto José Saramago, “I figli sono un prestito che Dio ci ha fatto, per imparare ad amare più di noi stessi, per migliorare i nostri difetti, per apprendere il coraggio”. Essere genitori è l’atto di coraggio più grande che si possa compiere, perché significa esporsi al dolore più profondo: il timore di perdere qualcuno che amiamo più della nostra stessa vita.
I figli ci sono affidati, ma non ci appartengono. Siamo solo un tramite per un disegno universale della Creazione. Sono esseri autonomi che attraversano la nostra esistenza, ma appartengono alla vita stessa, al destino, a qualcosa di più grande. Dobbiamo essere grati per il tempo che ci è concesso con loro, anche se, a volte, è dolorosamente breve! La sofferenza di un genitore, che sia madre o padre, nel perdere un figlio, è una ferita con cui si convive, ma che rimane aperta, senza mai rimarginarsi. Questi sfortunati genitori vivono “una vita non vita”, con il peso costante della mancanza.
Eppure, forse, in questo dolore c’è anche una speranza: quella di rivedere un giorno i propri figli, di poterli abbracciare di nuovo e riposare con loro in eterno. Questa speranza trascende ogni religione e cultura, poiché molte credenze ci parlano di un Al di là, di un luogo dove potremo ritrovarci con i nostri cari. Che sia il Paradiso, un’altra vita o una dimensione spirituale, la fiamma della speranza ci accompagna, indipendentemente dal nome che diamo a questa fede. Anche se le creature che abbiamo generato non sono mai davvero nostre, le amiamo come se lo fossero, e speriamo che un giorno ci sarà, per tutti noi, un ricongiungimento, in qualunque forma esso possa manifestarsi”.
* S.S.C. *