Certo non é il San Leo Aretino dopo il ponte di Pratantico, prima di arrivare a Indicatore, dove c’è la colonna Leopoldina.
Da quel posto, con un Tigrotto rosso OM con sovrasponde in legno, mi arrivava una volta ogni tre mesi un carico di erba medica disidradata, che io miscelavo per i mangimi dei conigli, ovini e in basse percentuali per vitelli, mucche e maiali, e pure polli.
L’ autista e proprietario era un uomo di media statura e di grossa corporatura, pelato al centro e ricci bianchi dalle parti, con un piede piu piccolo rispetto all’altro, forse da paralisi infantile, portava infatti sempre sia in estate che inverno degli scarponcelli tondi e forse fatti a mano su misura, o ne aveva comprato due paia di differente misura.
In estate arrivava con una camiciola, che indicava che aveva insaccato la farina, era verde come i pantaloni grigi e le scarpe nere.
Non parlava tanto riscuoteva mi aiutava a mettere i sacchi dal pianale nel montacarichi, che in quel caso funzionava da scaricacarichi, ( cioè a marcia all’indietro).
Quando ho visto in tv quelle colline ho ripensato al mio Medioevo a Guido da Montefeltro, nato a San Leo, padre del nostro Buonconte.
Era una famiglia di combattenti ghibellini, condottieri e abili in armi, e la storia del padrre si lega a Forlì, come quella del figlio ad Arezzo.
Già alla fine del 1100 i Guidi riuscirono a dominare in quelle colline, ma pur venendo dallo stesso ceppo di quelli di Poppi e Porrena, questi non erano banderuole e attaccati al vil denaro, furono infatti fedeli a Federico II.
A questo punto bisogna ricordare che la città di Forlì fu una delle prime repubbliche dal 800 in poi, precedentemente sottoposta a scorrerie del Visigoti, Bizzantini e dei Francesi, e dalle mire infine del papato temporale ( potere militare esercitato dalla Chiesa di Roma)
Guido da Montefeltro fu nominato capitano delle truppe di questa città a cui lo stesso imperatore Federico II concesse lo stemma dell’aquila sveva, e la possibilità di coniare una propria moneta (1241).
Due città, Arezzo e Forlì, che le proprie monete ( Arezzo il grosso 1242),oltre che la politica, lega come sorelle.
Guido da Montefeltro riuscì a sbaragliare, nel 1282, un esercito formato da Francesi, spinti dal Papa Transalpino, da Bolognesi e pure quei guelfi gigliati( fiorentini), ma il suo valore e il suo coraggio non basto’ a difendere l’ indipendenza di Forlì, la cui popolazione fu minacciata sia per fede religiosa(scomuniche), commerci e dazzi esosi, che alla fine dovette soccombere senza armi alle mire della Chiesa, e il tradito Guido si rifugio’ in Ancona dove mori nel 1298.
Ritornando ai Guidi, questi fecero costruire delle rocche nei possedimenti cedutogli dall’antica famiglia del posto, i Treversani, la piu importante fu quella di Dovadola, forse proprio disegnata dall’architetto scullore fiorentino, Arnolfo di Cambio.
Risalendo alla genia dei Guidi, venuti certamente dalla Germania, al seguito o componenti del palazzo imperiale di Ottone I, avevano i Guidi uno stemna che ritroviamo anche in Inghilterra e curiosità, anche nella maglia del Middlesbrough ( serie B).
The End.
Immagine:Raffaello Sanzio, Ritratto di Guidobaldo da Montefeltro