“Cosa sono le fondazioni? La Guido d’Arezzo e la InTour.
È questa la domanda da un milione di dollari alla quale chiediamo definitivamente di rispondere.
Perché a seconda del loro inquadramento giuridico, se soprattutto di fatto dovessimo qualificarle come organismi di diritto pubblico, ne seguirebbero conseguenze sui loro atti e sul regime dei controlli alle quale sottoporle”.
Esordiscono così i consiglieri comunali di Scelgo Arezzo, Marco Donati e Valentina Sileno, nel presentare in anteprima l’interrogazione che intendono illustrare al prossimo Consiglio Comunale.
“Noi abbiamo forti dubbi sul modo in cui le fondazioni sono state gestite finora, praticamente senza controllo del Consiglio Comunale.
E dunque riteniamo necessario chiedere chiarimenti.
Ci sostiene soprattutto una sentenza della Corte dei Conti presa a sezioni riunite, quindi nella massima espressione della sua autorevolezza, la numero 1 del gennaio 2020 dove praticamente si afferma che una fondazione è ‘organismo di diritto pubblico’ se ha tra i soci fondatori enti pubblici, Stato, Regione o Comune, persegue rilevanti interessi pubblici e percepisce contributi pubblici che ne caratterizzano la gestione.
È quanto accade per le fondazioni aretine.
Dopo di che esiste un’altra autorevole giurisprudenza, sia comunitaria sia della Corte di Cassazione, peraltro sempre a Sezioni Unite.
Giurisprudenza che conclude, coerentemente, sostenendo che l’esistenza del controllo pubblico non può limitarsi a un esame meramente formale sulla carta ma deve spingersi a verificare se i poteri, di cui una pubblica amministrazione è titolare, siano effettivamente, stabilmente e permanentemente esercitati in modo da consentire a tale amministrazione di incidere, in modo sostanziale, sulla definizione e sulla realizzazione degli obiettivi.
Ora: il bilancio della Fondazione Guido d’Arezzo, pubblicato sul suo sito, presenta entrate caratterizzate per la maggior parte da contributi del Comune e lo stesso può dirsi per la Fondazione Arezzo Intour.
Di conseguenza, come possiamo considerare entrambe come soggetti in cui la presenza di una pubblica amministrazione non è condizionante?
Come possono essere annoverate tra gli enti del terzo settore e dunque non essere sottoposte, ad esempio, ai controlli di un Consiglio Comunale, all’applicazione del codice degli appalti o alle norme che disciplinano i concorsi per l’assunzione del personale e delle figure apicali?
Questi dubbi, ma soprattutto le sentenze di cui disponiamo intendiamo metterle a disposizione dell’amministrazione comunale.
Magari alla luce delle stesse, quest’ultima porrà alla Corte dei Conti la domanda cruciale su come comportarsi”.