Questa mattina, lungo via delle Conserve, nella periferia di Arezzo, mi sono imbattuto in un tasso.
Era lì, ai margini della strada. Ma non stava attraversando. Era già oltre. Investito, immobile, ormai parte del paesaggio urbano che inghiotte anche ciò che di selvatico resta.
Non è facile incontrare un tasso. È un animale notturno, schivo, che si muove con discrezione nei boschi, lontano dagli occhi dell’uomo. Gli avvistamenti diretti sono rari, e spesso accadono solo in questo modo: quando è troppo tardi.
Vederlo così, in pieno giorno, fuori posto e senza vita, lascia un senso di tristezza che va oltre il singolo animale. Perché il tasso non è solo una presenza discreta nei nostri ecosistemi: è anche un regolatore naturale, un equilibrio vivente che lavora silenziosamente per la salute dell’ambiente. Si nutre di insetti, roditori, piccoli animali, contribuendo alla complessa armonia del territorio.
Eppure, anche lui, come tanti altri animali selvatici, finisce spesso vittima della nostra velocità, della nostra disattenzione, o semplicemente della nostra presenza invasiva.
Forse non ci accorgiamo di quanto sia prezioso ciò che non vediamo tutti i giorni. Forse non serve nemmeno sempre un grande gesto: basterebbe rallentare un po’, guardare meglio, rispettare di più.
Questa mattina non ho incontrato un tasso. L’ho solo trovato.
E non è affatto la stessa cosa.