Non volendo soffermarmi troppo sulla delusione dell’Inter e dei suoi tifosi…
Il calcio moderno è ormai dominato da esterni offensivi rapidi e dotati di buon tiro, supportati da un playmaker centrale. È un modello che si è visto anche nell’Arezzo a fine campionato: gioco veloce, organizzato, con solidità difensiva. Solo così si può lontanamente assomigliare al Paris Saint-Germain, squadra francese che incarna una nuova realtà calcistica e sociale, frutto di un’integrazione etnica – in particolare nordafricana – che ha quasi del tutto sostituito la tradizionale identità “gallica”.
Dopo la vittoria (meritata, va detto) contro un’Inter svuotata e demotivata, in Francia si sono registrati episodi gravi: saccheggi, scontri con la polizia, razzi e disordini urbani. Episodi che hanno coinvolto cittadini francesi di seconda o terza generazione. Questo fa riflettere sulla reale efficacia del processo d’integrazione. Anche se fra i protagonisti dei disordini c’erano probabilmente anche cittadini autoctoni e giovani emarginati delle periferie, il problema resta: la coesione sociale è fragile.
In un Paese dove il Presidente, tra ambizioni napoleoniche e derive autoritarie, si è mantenuto al potere solo grazie a una sinistra piegata e senza visione, si rischia di scivolare in una sottocultura. Non è solo la denatalità a mettere in crisi il welfare, ma l’incapacità di riformarlo pensando al bene comune, piuttosto che al consenso politico di breve periodo. E purtroppo, anche i Cinque Stelle sembrano essere entrati in questo meccanismo.