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25 Aprile: la Liberazione e la memoria della guerra fratricida

Commenti ai fatti
80 anni dopo, una riflessione sulla memoria divisa del nostro Paese

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Sono passati 80 anni dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale e dalla vittoria degli Alleati, insieme alle forze partigiane italiane, contro l’esercito tedesco e la Repubblica Sociale Italiana. Un evento che ha segnato la Liberazione del nostro Paese.

E, permettetemi una riflessione personale, sono anche passati 80 anni dalla fine di quella che fu, a tutti gli effetti, una guerra civile.

Guerra civile, sì, perché italiani combatterono contro altri italiani: alcuni al fianco degli Alleati, altri con le forze nazifasciste. Una guerra interna, forse la più dolorosa, perché alimentata da odio ideologico, da divisioni politiche e da rancori profondi.

Solo nel 1991 lo storico Claudio Pavone — proveniente da un’area culturale di sinistra — ebbe il coraggio di chiamarla esplicitamente così, titolando il suo libro “Una guerra civile”, edito da Bollati Boringhieri. Un’opera che ha aperto il dibattito storiografico su una parte rimossa della nostra memoria.

Prima e dopo di lui, anche autori come Giorgio Pisanò — spesso osteggiato — si impegnarono a raccontare quella realtà, pubblicando opere e dispense su quella che definiva senza mezzi termini “la guerra civile italiana”.

Successivamente fu Giampaolo Pansa, giornalista onesto e tutt’altro che vicino alla destra, a squarciare il velo del silenzio. Con “Il sangue dei vinti”, diede voce a una storia diversa, quella dei vinti e delle loro famiglie. Da quel momento, però, fu emarginato da molti colleghi, intellettuali e politici che fino ad allora lo avevano apprezzato.

Come accade in tutte le guerre — e in particolare in quelle civili — il confine tra buoni e cattivi è labile. Gli orrori e le colpe si distribuiscono da entrambe le parti. Ma, come spesso accade, la storia la scrivono i vincitori, mentre gli sconfitti restano senza voce. Non possono spiegare, né giustificare, la scelta — forse sbagliata — che fecero.

Dopo il 25 aprile 1945, a guerra finita, in Italia si assistette a una lunga scia di vendette. Molti furono uccisi solo perché ritenuti “fascisti”, anche senza prove o legami concreti con il regime. Donne giustiziate perché mogli o fidanzate di fascisti, sacerdoti eliminati per la sola colpa di aver dato conforto spirituale a chi era dalla parte “sbagliata”, uomini uccisi perché considerati “amici di fascisti”. Una spirale di violenza che pochi ricordano e di cui pochi parlano.

È giusto e doveroso commemorare gli eccidi compiuti dalle truppe naziste: penso a Civitella, San Polo, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema. Ho partecipato personalmente a molte di queste commemorazioni, come cittadino e come consigliere comunale.

Così come non dimentico mai di rendere omaggio al Cimitero degli Inglesi, per onorare quei giovani che hanno sacrificato la vita in una terra lontana, combattendo per la libertà di un popolo che non era il loro.

Ma forse, dopo 80 anni, è giunto il momento di allargare lo sguardo. Di commemorare sì la libertà riconquistata, ma anche tutte le vittime di quella guerra fratricida, da qualunque parte fossero. Perché erano tutti italiani.

Potrebbe essere il primo passo verso una vera riconciliazione nazionale. Un modo per fare finalmente i conti con la nostra storia. E per restituire voce e memoria a chi, fino ad oggi, ne è stato privato.

4 Commenti

  1. il tentativo di riconciliazione fu fatto dai vincitori con il provvedimento di amnistia varato da Togliatti nel 1946 sotto il Governo De Gasperiolti fascisti e collaborazionisti autori di gravi reati uscirono dalle galere, con grave sconcerto fra coloro che avevano subito gli orrori della dittatura. Quindi di cosa si parla.Gli sconfitti hanno avuto subito voce nel paese e poi anche nelle istituzioni. Se avessero vinto gli altri non avrebbero certo fatto amnistie, non avrebbero fatto prigionieri.

  2. Certo che l’Ortica è una testata di estrema libertà se ha consentito di far celebrare l’anniversario della Liberazione da un’articolo di una persona che è entrato in Consiglio Comunale con targa PDL ma come esponente di Casa Pound e che non mi risulta aver mai rinnegato certi legami.
    Se è vero che per lo più la Storia la scrivono i vincitori ( in epoca moderna forse un po’ meno) non è infrequente che i perditori a volte la raccontino anche peggio, per esempio quando sono “fascisti del terzo millennio” o forse sarebbe più esatto definirli “fascisti su Marte”.
    La Storia, che è qualcosa difficilissimo da farsi, dovrebbe sempre raccontare tutto quello che è accaduto e la Storia della Liberazione italiana è anche Storia di rappresaglie contro i fascisti o, per esempio, storia delle “marocchinate”. La Storia racconta gli uomini, e forse non esistono eventi o movimenti umani che nella loro positività non abbiano presentato contraddizioni e aspetti criticabili, se non addirittura tragici.

    Ma quando leggo litanie del tipo ” in tutte le guerre — e in particolare in quelle civili — il confine tra buoni e cattivi è labile. Gli orrori e le colpe si distribuiscono da entrambe le parti.”Non possono spiegare, né giustificare, la scelta — forse sbagliata — che fecero.”commemorare sì la libertà riconquistata, ma anche tutte le vittime di quella guerra fratricida, da qualunque parte fossero. Perché erano tutti italiani.”Potrebbe essere il primo passo verso una vera riconciliazione nazionale. Un modo per fare finalmente i conti con la nostra storia.”, quando leggo cose del genere, dicevo, cado nello sconforto.

    Chi non riesce a fare i conti con la Storia sono i Bardelli e i numerosi esponenti del ceto politico oggi al potere che non riescono a dare un taglio col passato, giocherellando con l’ambiguità che poi genera frotte di simpatizzanti fascio-hitleriani. Nel 2025 possiamo sentire parlare di SCELTA FORSE SBAGLIATA?
    Possiamo equiparare le vittime PERCHE’ TUTTI ITALIANI?
    Possiamo porci il problema di una RICONCILIAZIONE NAZIONALE?
    Riconciliazione con chi? Con chi ha magari la magnanimità di ammettere che forse il poro duce ha fatto anche cose sbagliate? Non si tratta di odiare la generalità di chi ha partecipato alla tragedia del fascismo, non si tratta di negare che ognuno di noi, nella vita, può fare scelta sbagliate anche in buona fede.

    Ma quello che è sbagliato è sbagliato e non si può equiparare chi ( 800.000 militari prigionieri) è morto o ha fatto la fame nei lager rifiutandosi di aderire alla Repubblica Sociale con chi vi ha aderito. Chi ha fatto il partigiano con chi si è messo al servizio dei nazisti e ha collaborato alle stragi del proprio popolo ( Bardelli parla di grazia, di Civitella e San Polo, ma innumerevoli sono state le stragi di civili anche nel nostro territorio come in tutt’Italia…Cavriglia … Vallucciole… ed eccidi diffusisssimi). Non c’è cosa più comune per chi ha la fissa di definirsi patriota che giustificare innanzitutto la strage del proprio popolo, in guerra, in patria, nelle galere. E se avessero vinto loro la riconciliazione sarebbe stata a base di corda al collo, lager e manganello.

    Ricordo che gli eredi politici del fascismo, l’ancora tanto celebrato Almirante, hanno avuto il momento di maggior successo politico proponendo la reintroduzione della pena di morte. Non si contano, tanti sono, gli esponenti politici fratelloni e leghisti che si coltivano l’orticello della nostalgia e che quando vengono presi con le mani nella marmellata danno le giustificazioni più improbabli come se fossero colti a fare le corna al coniuge. Poi c’è la “cultura”…il ministro Giuli che gigioneggia su Gramsci e si sente all’avanguardia, ma al massimo resta sempre un avanguardista…e Sangiuliano poi..ahahah…la cultura!. Ma cosa volete riconciliare, si può solo sopportare.

  3. Un Europa completamente evoluta e’ l’ultima speranza per guarire da questo carsico esprit d’escalier post bellico, piccoli nazionalismi che ciclicamente reinfettano le ferite .
    Chi ha perso difendendosi con ferocia ha disonorato tutti come chi con la ferocia ha poi cercato scampo e infine tentato una fuga codarda. La Libertà riconquistata il 25 Aprile e’ la vera differenza tra prima e dopo , la vera conquista dei popoli usati per credere e combattere. Un conto e’ voler continuare a conservare un potere vuoto e meschino con la violenza assoluta delle dittature e un altra volersene liberare con ogni sforzo da quelli che risvegliandosi dall’ipnosi di certe violenze non ne avevano mai avuto dirette responsabilità , e’ risaputo che i popoli sbagliano sempre per ingenuità quando ripongono le loro vite nelle mani all’Elite di turno , come quelli che abboccano ai truffatoriper ottenere facili guadagni .
    Viva la Liberta’ , ma anche quella da tante retoriche che in 80 anni non hanno saputo difendere o ampliare con l’esempio e nei fatti quella Libertà traducendola in riunione di genti con una cultura condivisa della Storia.
    I giovani sono progressivamente diventati vecchi e nulla se non L’Europa e’ accaduto di veramente buono , anche se tormentata anch’essa da mille rivisitazioni e attacchi .Insomma i figli sono figli e se hanno conservato cattive abitudini , Mamma e Papà ottantenni ,non sono incolpevoli.
    Viva la Liberta’

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Roberto Bardelli
Roberto Bardelli
Il mio nome è Roberto Bardelli, Breda per gli amici, nasco sotto il segno dei Pesci il 10 marzo del 1972. Sposato, con un figlio, per vivere gestisco una stazione di servizio in Arezzo. Nel frattempo seguo la mia minuscola etichetta discografica, la SofficiDischi, Sono impegnato in politica da quando avevo quindici anni. Ho fatto il Consigliere di Circoscrizione, la Giotto, fino a quando sono esistite le Circoscrizioni, e tutt'ora sono Consigliere Comunale a Palazzo dei Priori, Arezzo. Una marea di passioni: la musica, la politica, il Saracino e il Quartiere di Porta Sant'Andrea, l'Arezzo Calcio, la lettura e i libri, gli sport motoristici, il rugby, la scherma, la storia classica e moderna, l'arte in tutte le sue forme, visitare musei, la natura, il pane, il tè la carne alla brace, fare l'amore. Cattolico e Cristiano, sono un inguaribile ottimista, per me il bicchiere è sempre mezzo pieno. Ma soprattutto, ricordarsi che c'è sempre una soluzione! Sempre!
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