Marco Polo, durante uno dei suoi viaggi in Oriente, aveva portato dall’antica Persia un uomo di nome Mohad, appartenente agli Ismailiti Nizariti. Quest’uomo si era isolato in una zona tra il Castello di Pietramala dei Tarlati e Misciano, dove aveva costruito una capanna e coltivava canapa, fumando le infiorescenze femminili macerate ed essiccate.
Gli Ismailiti erano una setta di arabi che seguivano l’antica religione di Ismaele, figlio di Abramo, il primo patriarca della religione ebraica. Non voglio dire fesserie, ma gli arabi sciiti seguirono questa religione, che ancora oggi conta circa 15 milioni di seguaci. Per chi non conosce la storia di Abramo, questi ebbe il figlio Ismaele dalla sua schiava Agar. Tuttavia, al momento della nascita di Isacco, Abramo cacciò via Agar e Ismaele, i quali si ritirarono nel deserto di Faran. Ismaele fu presente al funerale del padre, che morì all’età di 137 anni.
Tornando al nostro Mohad, nel 1275, mentre percorreva il torrente delle Chiassacce, al secondo ponte di epoca romana, a circa 500 metri dal Molin del Falchi, trovò riverso su un greppo il tenutario del vecchio percorso, Casone. Casone era un uomo alto e robusto, con dei riccioli a ciuffi sulla testa, occhi azzurri e mani callose, tipiche di un duro lavoro da “stradino”. Il suo saio grigio era disordinato, gli occhi rovesciati e dalla bocca usciva una bava schiumosa verde. Il povero Mohad corse al Castello per chiedere aiuto, e le milizie di Angelo Tarlati lo seguirono fino al corpo esanime di Casone. Continua a leggere
Mohad, uomo mite di media statura, con capelli crespi, carnagione scura, naso affusolato e una magrezza incredibile, fu subito accusato di aver ucciso Casone. Tutti sapevano dell’uso che faceva della canapa, e molti lo vedevano ridere da solo o ballare nel torrente, a volte cantando al lume di luna. Fu portato al Castello e rinchiuso in una cella nelle cantine.
Paolo della Saggina, istruttore di Guido, prese le difese di Mohad e volle esaminare il corpo dello stradino. Fu questa analisi a salvare Mohad, poiché stavano già preparando il ceppo per decapitarlo. Paolo della Saggina aveva praticato due piccoli fori sulla caviglia di Casone, sopra i lacci dei suoi sandali, con un ago da cucito, e indicò che la causa della morte era stata un morso di aspide. In questo modo, Mohad fu scagionato e poté tornare alla sua passione per il fumo.
Vi chiederete, allora, cosa accadde veramente. Ebbene, Mohad portava settimanalmente hashish a Casone, ma da tre mesi Casone non lo pagava. Una settimana prima, Mohad aveva aggiunto alla droga anche della cicuta, che aveva causato la morte di Casone, facendolo morire in modo simile a Socrate. L’arabo pensava che il ritrovamento del corpo lo avrebbe protetto dai sospetti, ma Paolo della Saggina, falsificando le prove (poiché aveva praticato i fori), aveva un altro scopo: anche lui desiderava farsi delle “fumatine” piacevoli. Tuttavia, cinque anni dopo, morì di pancreatite, causata da forti coliche. Era il 1280.
E MOHAD CHE FINE FECE!?
Dopo essere stato scagionato da Paolo della Saggina l’ex istruttore di Guido Tarlati nek 1275, ed aver evitato la condanna a morte per decapitazione, circa la morte di Casone, lo “stradino” del vecchio percorso romano lungo le Chiassacce, il povero Ismaelita, della setta degli Assassini, era divenuto un importante produttore e spacciatore di hashish, tanto che nel 1288, mentre i senesi assediavano la città di Arezzo, alcini suoi drug dealers, avevano fornito ad alcuni fanti della rodsa città il fumo che non faceva temere a loro la pioggia d’orata del famoso Merlo di Arezzo ( a tal riguardo vi rimando alla notte scaltra dell’inganno…).
Questi fanti si mettevano sotto le mura, imoavidi di olio bollente al fine di rimirar dak becco del Merlo la pioggia!!., tanto che akcuni sopravvissuti alle Toppe della Candepola della Pievina il 26 giugno del 1288 dettero origine ad una genia, in Siena, di gente dai rossi capelli tanto eta giallo il liquido d’orato.
Per la storia e la cronaca, dopo la morte di Mohad avvenuta per un colpo di un sasso in testa per mano forse di uno dei nipoti di Casone, ma cge non fu mai scoperto, la piantagione di canaoa si era imbastardita con la vegetazione del luogo, tanto che i frustoni del luogo si sentono sciatori provetti e percotrono i viottoli da perfetti slalomisti, fu così che nel 1970 in una nostra numerisa spedizione in quei luoghi, ci passò attraverso le nostre gambe un grosso e lungo esemplare a velocità inaudita!.