Il concorso, che si teneva ogni tre anni, era considerato il campionato mondiale di MasterChef. Siamo nel 2054, e l’evento era organizzato congiuntamente dalla FAO e dall’OMS.
Il concorrente che deteneva il titolo precedente era François Bernard de Châtillon-sur-Seine, celebre per la sua crema di pidocchi come condimento per un sauté di uova di formiche level le cul (quelle con l’estremità rossastra).
In questa edizione del campionato, François presentava uno dei piatti più raffinati del momento: ali di moscone fritte accompagnate da gelatina murale di lumaca argentina. Il secondo concorrente, il georgiano Davit Javakhvili, aveva invece optato per erbe del Caucaso condite con sperma di capra tibetana, rigorosamente munto a freddo.
Tuttavia, il grande favorito era l’ungherese Béla Báthory, con il suo purè di lombrichi al nero di seppia, ottenuti da esemplari vergini.
La giuria, composta da sei giudici provenienti dai cinque continenti più l’Antartide, si riunì per deliberare il vincitore. Tuttavia, invece di annunciare il verdetto, i giudici scomparvero misteriosamente, dirigendosi di nascosto verso una località ignota dell’entroterra toscano.
In quella zona remota si praticava un’attività clandestina: il contrabbando di coniglio fritto, allevato a erba medica e servito dopo un primo piatto di ravioli al sugo misto di coniglio e anatra. I ravioli erano preparati con pasta tirata a mano, fatta di uova d’anatra e farina 0, e farciti con ricotta di pecore del Casentino e spinaci dell’alta Valle del Tevere.
Dopo un abbondante banchetto e una lunga digestione, i giudici tornarono al luogo del concorso, con la circonferenza della vita aumentata di almeno cinque centimetri. A quel punto, invece di scegliere il vincitore con un giudizio ponderato, tirarono i dadi…