Mi trovai di fronte una persona che conoscevo da tempo. A un mio cenno di saluto rispose, poi distolse lo sguardo e iniziò a lavarsi il viso, il collo e dietro le orecchie. L’acqua era fredda, e subito si asciugò con un brivido che gli percorse tutto il corpo. Guardò verso di me e domandò:
“…E ora cosa fai?”
Ero in pensione già da tempo e, come ogni mattina, mi preparavo per la mia solita camminata in centro con gli amici: un caffè macchiato, una mezza pasta e qualche chiacchiera sul calcio. Discussioni infinite sulla squadra, gli errori di formazione e i giocatori. Così gli risposi:
“Le solite cose, vado in centro!”
Lui replicò:
“Ti accompagno?”
“Se vuoi venire!”
Uscimmo insieme, ma lui non aveva preso il cappello. Anche lui, come me, è pelato, e con i primi freddi è meglio coprirsi. Lo accompagnai su, a casa sua, a prenderlo. Poi riscendemmo e ci incamminammo.
Mentre camminavamo, gli chiesi se voleva prendere un caffè anche lui. Io avevo una commissione in banca prima di incontrare gli amici. Feci rapidamente le operazioni al self-service e, uscendo, lo trovai lì fuori che mi aspettava.
Proseguimmo verso la piazzetta, dove arrivarono anche gli altri amici. Lo conoscevano anche loro.
“Ciao Cesare, dove andiamo oggi?” chiesero rivolti a me.
A lui non lo chiedevano mai. Dopotutto, Cesare è la mia immagine riflessa nello specchio. Quel volto lo vedo ogni mattina. Ecco perché lo conosco così bene.